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Attaccamento alla maglia, cuore e lacrime: Ranocchia si è ripreso l’Inter

Né Icardi e né Vecino, è il centrale italiano l'emblema della pazza serata dei nerazzurri all'Olimpico

Gianni Pampinella

Non è Icardi e neanche Vecino, è Andrea Ranocchia l'emblema della pazza serata dell'Inter all'Olimpico. Al triplice fischio Andrea crolla a terra e si lascia andare in un pianto liberatorio ripensando a tutti questi anni di sofferenze che, lui in primis, ha dovuto sopportare. Quando nel gennaio del 2011 è arrivato a Milano, le aspettative su Froggy erano alte, forse fin troppo. Dopo un avvio convincente, inizia il declino di Andrea che lo porterà in questi anni a vagare tra panchina, Genova e Inghilterra. Quando torna dalla sua esperienza inglese, il difensore trova sulla panchina nerazzurra Luciano Spalletti, specialista nel rivitalizzare i giocatori, soprattutto un maestro nel lavorare sulla testa dei suoi. Fin dal primo giorno il tecnico di Certaldo lavora su Andrea, emblematico quando durante il ritiro di Brunico, un 'tifoso' insulta il giocatore e in suo soccorso arriva Spalletti. "A inizio anno fece un gesto per difendere me e il gruppo da un tifoso che mi aveva insultato a bordo campo in ritiro, è qualcosa per cui lo ringrazierò sempre", dirà Ranocchia in un'intervista. Se le prestazioni offerte da Andrea non sempre sono state all'altezza di un giocatore dell'Inter, c'è una cosa che va sottolineata: il suo attaccamento alla maglia.

Nonostante le difficoltà, Andrea non si è mai tirato indietro, in questa stagione il suo contributo è stato determinante per raggiungere la Champions. È sceso in campo nonostante un problema fisico rischiando di farsi male seriamente. Diciamoci la verità, quanti giocatori lo avrebbero fatto? Invece Andrea ha indossato l'elmetto da soldato nerazzurro e si è buttato nella mischia, proprio come domenica: "O Spalletti mi metteva o entravo da solo", ha detto al termine della partita. Una dichiarazione che vale più di mille parole, che fa capire che Andrea alla maglia ci tiene. In questi anni di sofferenze personali, mai una parola fuori posto. Lui è l'emblema di questo nuovo corso nerazzurro, sicuramente la fascia da capitano ha pesato e tanto, ma è riuscito a ritagliarsi uno spazio importante nello spogliatoio. Lui che l'Inter ce l'ha nel cuore, può spiegare ai nuovi compagni cosa significa vincere e soffrire per questa maglia. E lo ha sottolineato nella conferenza stampa di fine anno anche mister Spalletti: "Fino a che ci sono io, se vuole, lui resta". Lo considera simbolo dello spirito di appartenenza ai colori nerazzurri. Questa qualificazione in Champions è anche sua.

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