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Icardi: “Io e Wanda, andò così. Pubalgia per troppo sesso, quante offese. Solo Milito…”

L'11 ottobre esce "Sempre avanti", l'autobiografia del bomber argentino Mauro Icardi e Sport Week ha pubblicato un'anticipazione

Eva A. Provenzano

L'11 ottobre, in tutte le librerie, esce l'autobiografia di Mauro Icardi intitolata "Sempre avanti. La mia storia segreta". SportWeek anticipa uno dei paragrafi del libro, quello dedicato alla storia con Wanda. Eccolo:

Avevo pensato di organizzare una piccola vacanza per ammazzare le mie lunghe e intermina- bili giornate da single. Come se mi avesse letto nel pensiero, Wanda mi scrive: «Mauro, guarda che noi per ferragosto andiamo con Gonzalo Bergessio e sua moglie in barca a fare un giro alle isole Eolie, vuoi venire?». «Certo che voglio». Le ho confermato subito la mia presenza: «Ho giusto tre giorni liberi, e piuttosto che starmene da solo a Milano vi raggiungo molto volentieri». Vi assicuro che trovarsi d’estate da soli a Milano non è una bella sensazione. Anche se la gente crede che i calciatori siano accerchiati da amici, non è così. L’amicizia è una cosa seria, e quando sei famoso è difficile trovare una persona che non sia più interessata alla tua popolarità che alla tua persona.

Arrivo a Catania di sera, giusto qualche ora di riposo, e il mattino seguente parto per il giro in barca con tutto il gruppo: Maxi, Wanda, i loro bambini, Bergessio con moglie e figli. Il mare mi avrebbe restituito un po’ di serenità e riposo. Dovevo recuperare parte dello stress accumulato negli ultimi mesi, e qualche tuffo mi avrebbe sicuramente fatto bene anche al fisico.

Peccato che una fotografia scattata da Wanda a un mio spettacolare tuffo dallo yacht mi ha fatto beccare una sanzione di diecimila euro dai dirigenti dell’Inter. Quello scatto, postato sui

social, aveva fatto il giro del mondo, ed era arrivato nelle mani sbagliate. Secondo la società si trattava di un’azione pericolosa che per contratto non avrei dovuto fare. Durante quella breve vacanza è accaduto un episodio significativo: mentre mi trovavo da solo al secondo piano della barca, sdraiato sul lettino ad ascoltare un po’ di reggae, cumbia e bachata, Wanda è arrivata all’improvviso e si è seduta al mio fianco, senza nessun imbarazzo. Abbiamo parlato di musica, continuava a dirmi: «Cambia, metti questa canzone», e dopo un minuto ripeteva, «Dai, cambia, questa non mi piace». Avevo una selezione delle mie canzoni preferite, ma a lei non ne piaceva neanche una. In quell’occasione tra noi non c’è stato nulla, nemmeno una carezza. Anche se i giornali rosa si sono divertiti a scriverne di tutti i colori per vendere qualche copia in più. I tre giorni di relax sono finiti in fretta e sono dovuto rientrare a Milano per riprendere gli allena- menti. Il giorno del rientro sono partito molto presto, uscendo da sottocoperta in punta di piedi per non svegliare nessuno, e ho trovato Wanda già alle prese con il figlio più piccolo che piangeva. Ci siamo scambiati un saluto veloce, e in quell’attimo i nostri sguardi si sono incrociati più volte. In quel periodo il rapporto d’amore tra lei e López, che durava da cinque anni, si stava spegnendo. Ma nonostante la conclamata crisi sentimentale, lei aveva accettato quella vacanza per non sfigurare nei confronti dei loro amici. A conferma di questo, appena arrivata a Catania, Wanda aveva fatto mettere tutte le sue cose in un container, perché aveva intenzione di tornare presto in Argentina. Rientrato a Milano, ho iniziato a sentirla sempre più spesso. Stava nascendo una profonda amicizia, che confermava ogni giorno di più quel presentimento che io avevo già da alcune settimane. Ci parlavamo tutti i giorni, e ci raccontavamo qualsiasi cosa, persino quello che avevamo mangiato a pranzo e a cena. Poi Wanda, per farmi sentire partecipe della sua vita, mi mandava le foto dei bambini, ai quali volevo molto bene. I suoi figli, durante la vacanza, si erano molto affezionati a me e tutte le volte che mi vedevano diventavano pazzi di gioia, perché io li facevo giocare e dedicavo loro del tempo e molta attenzione. I suoi racconti sono diventati sempre più frequenti, e quando ha iniziato a parlarmi delle sue discussioni con il suo ex marito, ho capito che stava soffrendo molto. Mi dispiaceva che si trovasse in quella situazione. La ascoltavo, cercavo di darle un sostegno, la lasciavo sfogare. Lei aveva bisogno di confidare a qualcuno quel brutto momento famigliare. Io cercavo di darle dei buoni consigli, pensando prima di tutto ai bambini: «Non ti devi separare perché i bambini sono ancora piccoli, non si meritano questo, almeno fallo per loro».

Così le dicevo, al contrario di ciò che pensa la gente. Non ho mai voluto approfittare della situazione, e non ho mai messo davanti i miei interessi rispetto a quelli di Wanda e dei suoi figli. Ma lei non ne poteva più dei comportamenti del suo ex marito.
[...]

Wanda si stava preparando a lasciare definitivamente Catania per raggiungere al più presto Buenos Aires. Prima, però, sarebbe dovuta passare da Milano per regolarizzare i suoi documenti all’ambasciata argentina. E quella era un’ottima occasione per rivederla dopo la vacanza alle Eolie. «Vieni che ci beviamo un mate, cosa ne pensi?». Sono stato io, questa volta, a invitarla, e lei ha accettato molto volentieri, portando con sé anche un’amica. Per me non c’era nessun problema. È arrivata a casa mia un sabato pomeriggio, era il 26 ottobre e quel giorno ero impegnato a San Siro per la partita contro il Verona, che abbiamo vinto per 4 a 2. Prima di uscire per raggiungere lo stadio, le ho lasciato le chiavi di casa in portineria. Wanda ha cercato di non farsi notare, perché ai tempi in cui López giocava nel Milan lei aveva abitato nel mio stesso palazzo. 
A Milano funziona così. Ci sono i cosiddetti palazzi dei calciatori: condomini di lusso in zona San Siro, immersi in una splendida area verde, dove abitano molti giocatori di Inter e Milan. Io e Wanda ci siamo fidanzati il giorno dopo: il 27 ottobre, numero che poi mi sono tatuato sul braccio. Ricordo ogni cosa di quel giorno: siamo stati insieme tutta la domenica pomeriggio e il lunedì, giorno in cui lei rientrava a Catania.

Dopo quel weekend ci siamo sentiti ogni giorno, a tutte le ore. Stavo sveglio fino alle cinque del mattino per messaggiare, e a furia di scrivere mi aveva persino iniziato a far male la mano. Non riuscivo a stare senza di lei, l’avevo pregata più volte di tornare da me. E alla fine, il giovedì della settimana successiva, mi ha raggiunto a Milano, per trascorrere insieme il fine settimana. La nostra prima uscita in pubblico è stata all’Esselunga. Siamo andati a fare un po’ di spesa, perché in casa non avevo nulla: il mio frigo da single era perennemente vuoto. Dopo cena abbiamo passato una serata romantica in centro, tra il quadrilatero della moda, piazza della Scala e la galleria Vittorio Emanuele. In piazza Duomo ci siamo fatti scattare una foto da un ragazzo seduto sui gradini della chiesa. Lui non mi ha riconosciuto: in quel periodo non ero ancora famoso. Sicuramente oggi non potrei permettermi una serata simile senza rischiare di essere assalito dai tifosi.

[...]
Ma non passa molto tempo prima che il destino mi giochi un brutto scherzo. Durante un allenamento infrasettimanale, ho sentito all’improvviso un forte dolore all’inguine, che si rivela essere un infortunio da non trascurare. Secondo i medici poteva trattarsi di un’ernia inguinale, una sportshernia.
 Quell’infortunio è stato l’inizio di un periodo terribile, in cui il dolore non mi permetteva di vivere serenamente le mie giornate. Di notte facevo fatica a riposare, e di giorno non avevo la forza di fare nulla. La mia condizione fisica è degenerata ben presto in una pubalgia, e in squadra circolava la diceria che questo disturbo fosse stato causato da un’eccessiva e sfrenata attività sessuale con Wanda. Una delle tante idee folli delle persone invidiose del nostro amore.

Ho sentito il dovere di affrontare subito questo argomento con i miei compagni di squadra, anche se sulla mia serietà non vi era la minima ombra di dubbio. E così ho preso da parte ognuno di loro e ho raccontato quello che stava succedendo con Wanda.
 L’unico che mi ha dato torto è stato Milito. Diego aveva le sue buone ragioni: i giornali non facevano che parlare di me e Wanda con allusioni di cattivo gusto, spesso offensive e lesive della privacy nostra e di quella dei bambini. Tutti gli altri erano dalla mia parte e non hanno dato peso alle chiacchiere e alle opinioni infondate della gente. 

(Fonte: SportWeek)