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Le Rivali / CdS – Inter, Insigne pronto a prendersi la sua rivincita personale

Domenica guiderà il Napoli all’assalto dell’Inter che da piccolo non lo prese perché troppo basso

Francesco Parrone

Quello era semplicemente un “tentativo” di calciatore - si direbbe un “fenomeno” in sedicesimi - però a dodici anni, maledizione, si deve pur avere il diritto di sognare. "Ma mi dicevano ch’ero troppo basso" scrive il Corriere dello Sport.

Insigne, stavolta, che può andarsene a spasso per San Siro, incurante di ciò che è stato, nella naturalezza di una storia tutto sommato comprensibile, insindacabile nelle sue modalità, però avvertita sulla propria pelle, nei sentimenti. "Perché io ero piccolino e ad un certo punto lo dissì anche ai miei genitori: lasciamo perdere".

Dopo essersi sentito ripetere dal Torino che certo, sì, "era bravo, ma bisognava ancora aspettare la crescita", dovette assorbire pure la delusione dall’ Inter, che non abboccò alle finte di un Pollicino che poi s’è visto dov’è arrivato. "Pure per loro, niente da fare: tutta colpa del fisico". Ma sono cose che succedono, e nessuno potrà sentirsi colpevole o vittima di una scelta racchiusa in un momento, il provino d’una partita, con le rotondità di una favola che ora vive. "Vorrei tanto regalare il sogno a questa città". Ma in quel tempo, e provate a mettervi nei calzoncini di quel bambino, sfuggito al catrame della strada, l’amarezza, la delusione, si potrebbe dire persino il dolore, fu travolgente: lui che inseguiva le scarpette di Ronaldo, e che papà gli aveva comprato a suon di sacrifici; lui che di riflesso s’immaginava, da grande, chissà dove, magari proprio (anche) ad Appiano Gentile. "Io ho sempre avuto una ambizione: giocare con la maglia del Napoli". E domenica sera, capiterà ancora, per la centonovantacinquesima volta in campionato, per la duecentocinquantaduesima in assoluto, per togliersi da dentro quel velo di malinconia che in realtà non è mai stato strappato: è una rivincita - guai a chiamarla vendetta - da prendersi un po’ con se stesso, un po’ con il destino e magari pure un pochino con chi s’è lasciato fregare dall’equivoco...

Il resto è racchiuso nella solennità d’una partita da andare a vivere alla Scaladel calcio, il teatro della sua prima doppietta in serie A (ma contro il Milan...). Ma all’Inter, gli è “scappato” un solo gol, l’anno scorso al San Paolo: poi c’è stato un vuoto che l’ha inghiottito, in quello stadio che, senza neanche forzare troppo l’immaginazione, in qualche modo sarebbe potuto essere (pure) un po’ suo: "Ma mi dissero che ero troppo basso". Ora Sua Altezza, 108 reti da professionista, sessantadue da principe azzurro, è diventato Grande, pur restando Piccino: ma crescere, qua, significa avere la forza di riuscire a spingersi sin lassù, per appendersi gioiosamente ad un tricolore e lasciarsi andare.

(Fonte: Antonio Giordano, Corriere dello Sport 9/3/18)

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