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Chiesa: “Simoni stravedeva per me, mi voleva all’Inter. Federico più forte, gli dico sempre…”

Chiesa: “Simoni stravedeva per me, mi voleva all’Inter. Federico più forte, gli dico sempre…”

Enrico si è raccontato in una lunga intervista al Guarin Sportivo

Sabine Bertagna

Che cosa pensa Enrico Chiesa del figlio Federico? Ha talento, ne è orgoglioso? Pare proprio di sì: "Tempo fa eravamo insieme. Si avvicinarono dei tifosi e gli chiesero l’autografo. Solo in un secondo momento, fecero lo stesso con me. Una cosa bella, sono orgoglioso. Anche perché Fede è un bravo ragazzo. Serio, responsabile, deciso. Ma quello che più conta è che si allena sempre al massimo, ha voglia di migliorare, mette sempre un grande impegno in quel che fa. Il nostro rapporto? Come quello di ogni padre con i figli. Non entro nelle cose tecniche, non è il mio compito. Gli dico sempre che deve essere il campo a parlare. Così come è importante che gli altri parlino sempre bene di lui. Per cui, se ci sono suggerimenti riguardano solo aspetti comportamentali, che sono in grado di dare perché ho percorso la stessa strada prima di lui».

Somiglianze & diversità: "La determinazione, la forza di volontà, il desiderio di migliorare sono simili. Fisicamente Federico è molto più forte di me e più strutturato, una sua coscia è il doppio della mia. Ha un fisico della Madonna, mi sa che gli almanacchi devono aggiornare i suoi dati: è più alto del metro e settantacinque che riportano. Io più veloce? Sui venti metri ero veramente forte. Ma devi pensare che quando ho iniziato io la preparazione atletica era uguale per tutti, a prescindere dal fisico, dalle attitudini e anche dal ruolo. Ci dicevano, fate i “mille”. E io li facevo, ma a me magari quel test serviva a poco. L’evoluzione che c’è stata in questo campo, compreso anche le altre conoscenze in materia alimentare, per esempio, hanno contribuito tantissimo al miglioramento delle prestazioni".

Gli allenamenti: "Per onestà dico che tra pallone e corsa, preferivo il primo (ride). La mia più grande passione era tirare in porta. Ma non tanto per fare. Per segnare. Con lo stesso impegno e decisione della partita della domenica. Nella mia finora breve esperienza di allenatore, a fine seduta, mettevo una trentina di palloni al limite dell’area e sfidavo i miei giovani portieri. E per chi perdeva il duello, c’erano flessioni da fare. E ti posso dire che io ne ho fatte poche!".

Avevi una squadra del cuore da piccolo? "Mio padre, non ho mai saputo il perché, era un tiepido tifoso dell’Inter. Mio zio, invece, teneva veramente per il Milan. Ed io inizialmente l’ho seguito, ma non ho mai trepidato come tifoso. La cosa buffa è che il Milan è la squadra a cui ho segnato di più!".

Dal Pontedecimo alla Samp, poi a Teramo con Del Neri, il Chieti e il ritorno alla Samp: "Torno e spero di avere qualche spazio. Vialli era stato appena ceduto alla Juve. Rimaneva Mancini. Poi c’erano Buso e Bertarelli, miei coetanei. L’allenatore era Eriksson, un signore, non l’ho mai sentito urlare, né perdere la calma, neanche nei momenti più caldi. Io feci quasi tutto il campionato, giocando molto spesso come ala destra, con Lombardo di punta».

In prestito alla Cremonese, allenata da Gigi Simoni: "Ma stavolta è Serie A. E soprattutto incontro Gigi Simoni, un allenatore che mi ha definitivamente fatto fare il salto di qualità. Con lui ho raggiunto la maturazione. Mi ha fatto capire l’importanza vera del sacrificio e del pensare prima di tutto alla squadra. Non che prima non lo facessi, ma con lui ho avuto la piena consapevolezza. Pur apprezzando le mie doti di goleador, mi chiese di fare l’esterno destro, coprendo tutta la fascia. Era quello che lui riteneva più utile per la squadra. Ma alla fine, anche per me. Partendo largo e da dietro, potevo sprigionare tutta la mia velocità sulla fascia. E poi, rientrando sul sinistro, potevo andare a concludere direttamente. Non a caso segnai 14 gol. Simoni stravedeva per me. 1995-96: finalmente titolare alla Sampdoria."

La Fiorentina - "Mi volle Trapattoni. Andai volentieri. Grande squadra con Gabriel Batistuta, uno dei più grandi centravanti con cui abbia mai giocato. Con la viola vincemmo la Coppa Italia nella stagione 2000-01. Poi purtroppo nel settembre del 2001 mi saltò il ginocchio sinistro e da lì è iniziata una nuova storia».

L’infortunio? "Come al solito non mi sono arreso. Ci ho impiegato un anno, ma sono tornato a giocare. E non ero più un

ragazzino. La macchina da Formula Uno si era guastata. Era stata riparata, anche bene. Ma non poteva più gareggiare in quella categoria. Andai alla Lazio, ma dopo un anno venni via".

Fabio Capello una volta ti ha definito una via di mezzo tra Paolo Rossi e Gigi Riva: "Me lo ricordo, peraltro Capello non mi ha mai allenato. Bella definizione, mi ci vedo abbastanza, anche se Riva era molto più potente di me ed aveva il colpo di testa. Gran bella persona Gigi Riva, ho avuto modo di conoscerlo con la Nazionale. Anche lui mi diceva di rivedersi in me, soprattutto per l’aspetto caratteriale: introversi tutti e due, poche chiacchiere e molti fatti".

Cosa è mancato alla tua carriera? "La grande squadra. Ci sono sempre andato vicino. Simoni mi voleva all’Inter. Juve e Milan mi hanno cercato, ma non si è mai concretizzato nulla. Avrei potuto fare di più, può darsi. Ma anche parecchio meno".

(Guerin Sportivo)