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Mirabelli: “Gabriel Jesus all’Inter era fatta. Gabigol? Lo sconsigliai. Perisic s’impuntò…”

L'ex osservatore dell'Inter ha raccontato alcune delle trattative condotte per i nerazzurri

Andrea Della Sala

L'ex direttore sportivo del Milan e in passato anche osservatore dell'Inter, intervistato da Libero, ha parlato di alcune vicende di mercato relative al club nerazzurro

Affari e trattative. La più curiosa che le è capitata?

«Ai tempi dell’Inter vado a vedere di persona un certo Gabriel Jesus del Palmeiras, uno che avevo già scoperto a video. Lo seguo in un paio di gare e capisco che merita di essere osserva- to in allenamento. E inizia il difficile»

Perché?

«È tempo di derby e la stracittadina Palmeiras-San Paolo è sentitissima. I due club si allenano in campi divisi solo da una siepe: qualsiasi estraneo viene considerato una spia».

Quindi che fa?

«Mi presento spiegando che sono un italiano che vuole visionare la struttura e mentre mi mostrano tutto spio Jesus. Poi chiedo dell’acqua e riesco a incrociarlo. Gli stringo la mano e gli do appuntamento».

Poi?

«Torno in Italia, l’acquisto è praticamente chiuso per 20 milioni. Però si intromette un agente legato all’Inter e fa perdere tempo. Così il City chiude prima».

Scusi, perché ride?

«Per rifarsi i nerazzurri mi chiedono che ne penso di Gabigol. Risposta: “Ve lo sconsiglio nettamente”. Il risultato lo sapete tutti».

Altre situazioni in cui l’Inter non le ha dato retta?

«Casemiro l’avevo concluso per 5 milioni. Hanno preferito M'Vila».

In qualche cosa però le avranno dato retta...

«Murillo, Brozovic e Perisic, per esempio. Perisic lo conoscevo bene, giocava al Wolfsburg: aveva accettato la mia proposta, ma i tedeschi non volevano cederlo».

Come è finita?

«È andato in sede, si è seduto e ha detto: finché non mi date all’Inter non mi alleno più. Ha vinto lui, abbiamo vinto noi».

Mirabelli, torniamo a lei. Il calcio italiano lo sta seguendo? La Nazionale le piace?

«Mancini sta ridando entusiasmo e appartenenza a tutto l’ambiente azzurro. Ma non avevo dubbi: lui è l’incarnazione del talento. Lo è stato da calciatore e lo è in panchina».

Avete lavorato insieme all’Inter: che sguardo fa?

«Le racconto questa. Ritiro a Brunico, prendiamo la funivia e andiamo a fare un incontro di rappresentanza in una baita. Ci fanno mangiare wurstel e altre cose buonissime, ma poco leggere. Al momento di tornare allora lo provoco: “Mister, ce la facciamo a pie- di così smaltiamo?”. Ride: “Non vorrei che a metà strada dovesse venirti a prendere un elicottero”. Parte la sfida e ci facciamo quattro ore di cammino su stradine dissestate».

Come finisce?

«All’arrivo io sono tranquillissimo, mentre Mancio, quello sempre in forma e allenato, ha un ginocchio gonfio che poi sarà costretto a operare. Ogni volta che lo vedo glielo ricordo».

Restiamo alla serie A. Napoli secondo, e poi?

«La corsa Champions è bellissima e velo dico: occhio all’Atalanta. È capace di qualsiasi impresa».

L’Inter ha perso punti per il caso Icardi?

«Certo. Mauro è un bravissimo ragazzo, ma prima di tutto ci deve essere sempre l’Inter. Io non l’avrei fatto tornare in gruppo e non l’avrei più fatto giocare anche a costo di perdere la qualificazione in Champions. Conta solo l’Inter, non esistono compromessi. Sarebbe stato un segnale forte anche per il futuro».

Mirabelli, lei come ci è arrivato al Milan?

«Lavoravo all’Inter con Fassone, evidentemente bene. Perché quando c’è stata l’occasione mi ha portato con lui in rossonero».

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