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Bergomi: “Cambiasso, la panchina nel destino. Dall’esterno si è sempre percepito che…”

L'ex capitano dell'Inter è convinto che Cambiasso farà bene anche da allenatore dopo una grandissima carriera da giocatore

Gianni Pampinella

A 37 anni Esteban Cambiasso ha deciso di appendere gli scarpini al chiodo. Il Cucho ha conseguito il patentino di allenatore «Uefa A» a Coverciano e per Beppe Bergomi farà bene anche da allenatore dopo una grandissima carriera da giocatore: "Esteban Cambiasso smette con il calcio giocato e lascia un ricordo strepitoso. Un giocatore di un’intelligenza tattica, di una maturità e di una leadership rare da trovare. Dieci anni fa come adesso. Impossibile dimenticare la sua capacità di farsi trovare davanti alla difesa a chiudere un’azione avversaria e poco dopo ritrovarlo sul fronte opposto intento a inseguire un gol. Esteban è sempre stato così. Quando arrivò dal Real Madrid a costo zero passò quasi inosservato. Invece in Italia stava arrivando un giocatore con caratteristiche ben precise e di qualità eccellente. Ha fatto la storia dell’Inter, è giusto ricordarlo. Non si possono scordare i successi che ha contribuito a raggiungere e la forza mentale che ha fatto acquisire a quel gruppo insieme agli altri grandi campioni. Tatticamente è sempre stato un maestro di posizionamento. Anticipava il pallone, sapeva dove sarebbe arrivato. E garantiva qualche gol durante una stagione, fattore non da poco. In quell’Inter così forte tecnicamente e fisicamente ci stava benissimo un cervello come il suo che dava ordine e portava equilibrio".

"Cosa farà adesso? Il patentino appena conseguito a Coverciano indica quale sia la strada che vorrebbe percorrere. Non so se sia la sua principale idea, però credo che farebbe bene. Dall’esterno si è sempre percepito che fosse un allenatore in campo. Un calciatore che vedeva le azioni da prospettive difficili da comprendere alla maggior parte degli avversari. Quando diventi allenatore ti porti dietro ciò che ti hanno insegnato in carriera. Credo che Esteban sarebbe un tecnico da calcio propositivo, non difensivo. Un po’ come capita a tutti i grandi allenatori di adesso che un tempo erano centrocampisti. Mi vengono in mente Antonio Conte e Carlo Ancelotti per esempio. Come loro trasmetterà le nozioni di vittoria ai calciatori, infonderà loro sicurezze e basi fondamentali nella crescita. Dal centro del campo, dove ha giocato per anni, ha visto e compreso molto. E sono convinto che come Conte e Ancelotti, farà bene anche da allenatore. Non si perde tutta quella saggezza togliendosi la maglia e infilandosi la tuta. Semmai la si trasmette al gruppo che si andrà ad allenare per costruire un progetto vincente".

(La Gazzetta dello Sport)