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Mancini: “Persi i Mondiali in Messico per colpa mia. Balotelli? E’ come un figlio””

Lunga intervista di Roberto Mancini, rilasciata al Corriere dello Sport

Riccardo Fusato

Lunga intervista di Roberto Mancini, rilasciata al Corriere dello Sport: "Chi è stato l’allenatore che l’ha formata di più? Abbiamo avuto per anni, nel Bologna, Perani e Fogli e poi Bonini e Soncini, che sono stati gli allenatori che mi hanno formato di più, hanno insegnato al ragazzino che ero come si giocava al calcio. Burgnich è stato quello che mi ha fatto debuttare, quindi ho un’ammirazione enorme per lui, perché ha avuto un gran coraggio a farmi giocare. Allora non era semplice schierare un sedicenne, perché in serie A giocavano solo due o tre di quell’età. Ricordo che c’eravamo io, Galderisi e Monelli. Non ce ne erano altri. Invece tatticamente qual è l’allenatore che mi ha dato di più? Io sono andato in Nazionale la prima volta con Bearzot nel 1984, a venti anni. Poi una notte uscii a New York, quando eravamo in tournée, lui si arrabbiò, io non lo chiamai per scusarmi e così persi i mondiali dell’86 in Messico. Poi con Vicini facemmo gli Europei dell’88, i mondiali del ’90, poi potevo fare quelli del ’94 ma cambiarono gli allenatori. Purtroppo in quei tempi eravamo tanti ad essere bravi e quindi l’allenatore qualcuno bravo lo doveva sempre lasciare fuori, purtroppo. Io ero quello che stava fuori. Sacchi? No, io ho avuto un buon rapporto con lui, anche perché Sacchi è stato un bravissimo allenatore. Però poi preferì altri giocatori e io lasciai la Nazionale, sbagliando. Cosa c'è di bello nell'allenare? Il bello è che si può continuare a stare su un campo di calcio, avere tutti i giorni un pallone tra i piedi, vedere giocatori giovani, fare delle cose belle, poter insegnare a questi giocatori quello che uno ha imparato nella propria vita, quello che ha nel suo bagaglio tecnico. E’ difficile staccarsi dall’essere stato un giocatore di serie A. Diventare allenatore è come proseguire quella vita, in un modo diverso. Cosa è la prima cpsa che dico? Dipende dalla squadra. Credo che la cosa fondamentale sia quella di pensare sempre positivo, di pensare che la nostra squadra debba essere una squadra che attacca, si diverte, gioca comunque in fase offensiva. Cosa non sopporto? A volte quando vedo che si allenano male. Questo può accadere. Perché può capitare un giorno che la squadra si alleni male. Questo mi dà un po’ fastidio perché a volte i giocatori sono giovani e non capiscono quanto sono fortunati. Non si rendono conto che giocare a calcio è un tempo abbastanza breve della vita e che, quando smetteranno, rimpiangeranno quei momenti. I momenti dell’allenamento, che poi sono i momenti più belli perché uno può fare quello che vuole, senza pensare al risultato. L'esperienza che mi è piaciuta di più?  L’Inghilterra è stata una bellissima esperienza: le partite sono divertenti, le squadre non pensano tanto a difendersi perché tatticamente non sono così evolute, la gente va per divertirsi e i giocatori giocano al massimo: i calciatori lì pensano che se perdono pazienza e se vincono è uguale. Balotelli? Io Mario lo conosco bene. L’ho fatto debuttare in serie A giovanissimo, nell’Inter. L’ho portato con me al Manchester City. E’ un bravissimo ragazzo, un ragazzo dal cuore d’oro, aveva grandi qualità quando ha debuttato. Al Manchester ha fatto bene perché comunque ha fatto gol, abbiamo vinto quasi tutto anche con lui. Poi non so cosa sia successo, è stato un dispiacere. Rischia di buttare via una carriera che poteva essere formidabile.  Lui ha l’età di mio figlio più grande quindi gli ho parlato tante volte. Speravo che potesse capire. Forse capisce, però è giovane e quindi commette errori. I giovani italiani di adeso? Berardi secondo me è molto forte. Bernardeschi, Chiesa, Donnarumma, Locatelli. Tempo un paio d’anni e credo possa venir fuori una buona Nazionale. Gagliardini dell’Inter, mi sembra un bravo giocatore. Il più forte nel mondo? Messi.  Se io dovessi dire ad un bambino che cosa è il calcio come lo spiegherei? Il calcio è fantasia. Il calcio è come la vita. Perché, nel calcio, ci sono tutte le cose che esistono nella vita di ogni giorno. Bisogna essere educati, perché si ha a che fare con compagni di squadra e avversari. Ci sono delle regole da rispettare. Si deve essere tenaci nei momenti di difficoltà. E, soprattutto, bisogna avere le qualità, la genialità che uno può esprimere in ogni frammento della vita. Il calcio è una fortuna. Chi la possiede faccia una cosa sola: giochi e si diverta"

(Corriere dello Sport)

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