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TS – L’Inter di Spalletti ricorda la Juve di Conte: ecco gli indizi per sogni dolcissimi

Quanto sta accadendo all'Inter ricorda la parabola della prima Juventus di Antonio Conte

Riccardo Fusato

Un pre-campionato da urlo (battuti, nelle ultime quattro amichevoli estive Lione, Bayern, Chelsea e Villarreal), un allenatore (Luciano Spalletti) capace di resettare quanto di brutto si era visto nell'ultima stagione, un mercato chirurgico per puntellare la squadra e soprattutto la scelta di valorizzare quanto c'era di buono in rosa nonostante i risultati - e lo spirito iconoclasta dei tifosi - favorissero l'idea che fosse fatta tabula rasa all’interno dello spogliatoio. Quanto sta accadendo all'Inter ricorda la parabola della prima Juventus di Antonio Conte, squadra reduce da due settimi posti nei campionati precedenti e capace - a sorpresa - di fare un salto triplo fino allo scudetto, nonostante a inizio stagione i bookmakers quotavano a 11 la possibilità. Oggi la quota scudetto della squadra di Spalletti è a 13 e la scarsa fiducia di chi deve soppesare i pronostici per professione indica come vedere un'Inter tricolore avrebbe del miracoloso. Però sono tanti gli indizi che fanno coltivare sogni dolcissimi.

IL MERCATO - Il mercato - che va ancora completato - ha portato in dote tre titolari là dove la squadra aveva bisogno. Borja Valero è un faro luminosissimo posto al centro del campo e nello spogliatoio come, nella prima Juve di Conte era stato Andrea Pirlo, sciaguratamente rottamato dal Milan che non aveva capito quanto sarebbe stato importante tenerselo stretto. Dalbert - pagato un'enormità, ovvero 28 milioni più il 20% di una futura rivendita - ha il curriculum per percorrere (ma sulla corsia sinistra) la strada fatta da Lichtsteiner, pure lui strappato alla Lazio per una cifra (ai tempi) importante per un laterale, vale a dire 10 milioni. Più arduo il paragone tra Vidal e Vecino però va considerato che il cileno ai tempi del Bayer Leverkusen non era certamente il campione che oggi è architrave del Bayer Monaco. Al cocktail - oltre all'indubbio vantaggio di non disputare le coppe europee (che dà grandi benefici anche in termini di infortuni) - va naturalmente aggiunto il fattore allenatore. Spalletti è animato oggi dalla stessa ossessione per la vittoria che aveva ai tempi Conte. Un sentimento, quello dell'uomo di Certaldo, sedimentato negli anni a Roma: e chissà che non possa raccogliere in nerazzurro i frutti di quella lunga rincorsa.

(Tuttosport)

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