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ESCLUSIVA Dontstop: “Così creammo San Siro nerazzurro per Thohir. Inter e Milan in trasferta? No, ecco come”

Marco Macca

Buonasera architetto Brunello. Nei giorni scorsi, il presidente del Milan, Paolo Scaroni, ha sostenuto che ristrutturare San Siro non garantirebbe lo stesso risultato finale rispetto alla costruzione di un impianto ex novo...

Secondo il mio punto di vista, se guardiamo il risultato finale, lavorando su San Siro si potrebbero ottenere gli stessi target e le stesse performance. Sembra banale, ma se l'obiettivo è di avere uno stadio nuovo, San Siro non può esserlo. Ma, se l'obiettivo è quello di avere uno stadio moderno, che soddisfi le esigenze in termini di hospitality, con un numero di posti compatibile con le altre squadre europee e servizi all'interno dello stadio, questo è possibile a San Siro, con un pesante progetto di restyling e ammodernamento. Questa è la nostra posizione.

Come andarono le cose nel 2015? L'Inter di Thohir progettava un San Siro tutto nerazzurro?

Era una situazione storica completamente diversa. Il Milan aveva la prospettiva di spostarsi e dunque l'Inter doveva fare i conti su come intervenire su San Siro. Sotto la presidenza Thohir, l'Inter ci ha interpellato e noi abbiamo lavorato su questa opzione, verificando tutti i crismi della fattibilità della cosa, tenendo conto delle esigenze del club. C'era assolutamente l'idea di un San Siro nerazzurro: si stava studiando la strategia su come intervenire provando a preservare la struttura dell'impianto. Quel progetto ha avuto il suo corso, ma poi il tutto non si è concretizzato perché il Milan ha deciso di non spostarsi più in zona Portello. L'Inter è stata il motore per l'idea di ristrutturare San Siro, poi con il Milan si è deciso di optare per un'altra soluzione.

Secondo lei la decisione di Inter e Milan di realizzare un nuovo impianto insieme non rappresenta, per entrambi i club, un’occasione persa per costruire la propria casa sulla scia delle altre grandi società europee?

Il nostro progetto di San Siro era modulato per essere di proprietà di una sola squadra. La coesistenza di due squadre può essere un punto di forza, ma chiaramente deve essere gestito in termini di complessità del progetto. Personalmente credo che la coesistenza di due club all'interno di uno stadio nuovo sia una cosa non molto sensata, tenendo conto delle esigenze di una squadra in termini di hospitality, di identità, ma anche di Fair Play Finanziario, dato che ogni società avrebbe una sua casa di sua proprietà. Credo che due club importanti come Inter e Milan possano ambire ad avere una struttura propria, che poi è quello che succede in quasi tutto il mondo. La situazione di Milano è peculiare e, data la presenza di uno stadio importante e di grande valore come San Siro, che fino a qualche anno fa, a livello di brand, era il 4° stadio più importante del mondo, suggerisce la soluzione della coesistenza. Anche perché il Comune ha investito sul Meazza, con la fermata della metro. Tutt'intorno, poi, ci sono delle aree che potrebbero essere sfruttate per creare dei luoghi maggiormente identitari. Penso, per esempio, alla ristrutturazione del Trotto. Un San Siro condiviso è un progetto certamente più complesso, ma il gioco vale la candela.

Ci pare di capire che il vostro studio sia molto più favorevole alla ristrutturazione di San Siro che alla costruzione di un nuovo stadio...

Se la domanda è: 'E' possibile lavorare su San Siro e renderlo uno stadio moderno?' La risposta è: 'Assolutamente sì'. Con le tecniche di oggi si può fare davvero di tutto. Se parliamo di costi, forse questi sono più alti rispetto a quelli di costruzione di un nuovo impianto, ma se nel business plan includiamo anche i costi di gestione di uno stadio non votato al calcio, oppure della sua demolizione, si capisce come, alla fine, i costi complessivi della ristrutturazione di San Siro siano inferiori.

Dunque, se si dovesse restare a San Siro, la coabitazione avrebbe senso. In caso contrario, sarebbero meglio due stadi.

Esatto. Detto questo, secondo me vince chi rimane a San Siro. Per il valore identitario e di branding.

Del resto, essendo un cambiamento epocale, sembra anche comprensibile la posizione dei tifosi, sia dell'Inter che del Milan, che sperano di poter avere una casa tutta loro.

Certo. E' un cambiamento che segnerà i prossimi decenni. Anche dal punto di vista urbano, riesce difficile immaginare due squadre del livello internazionale di Inter e Milan in uno stadio nuovo e con San Siro sul groppone del Comune. Il Meazza come Wembley italiano? Tutto è possibile, ma bisogna tenere conto che è un impianto di proprietà del Comune di oltre 80 mila posti... Non stiamo parlando di eventuali investimenti privati.

Come sarebbe dovuto essere il nuovo Meazza secondo la vostra idea?

Il nostro progetto prevedeva togliere il terzo anello che, per pendenze e comfort dei posti, rispondeva a esigenze più degli anni '90, quando fu eretto in occasione dei Mondiali. Oggi, però, è molto difficile intervenire sulla qualità di quei posti. Essendo praticamente una struttura prefabbricata, è possibile smontarla, e senza impattare sullo stadio e sulla copertura, dato che quest'ultima si poggia solo sulle quattro colonne laterali. Dunque, è possibile tenere le travi d'acciaio, le quattro torri laterali, lavorando in maniera seria e sensata. E' ovvio che buttare giù e costruire uno stadio nuovo è una scelta che ha dei comfort, ma è altrettanto ovvio che si va a perdere qualcosa.

Un'altra domanda che si fanno i tifosi di entrambe le squadre è: perché investire centinaia di milioni di euro in un impianto di nuova generazione per poi renderlo di proprietà del Comune? Non le sembra quasi un paradosso?

Sicuramente, in questi anni, il Comune di Milano ha sperimentato delle soluzioni di gestione della cosa pubblica molto interessanti. Il Sindaco è riuscito nell'impresa quasi impossibile di dare un futuro a un'area come quella dell'Expo, che sembra procedere in maniera positiva. Se il Sindaco Sala ha prospettato una soluzione del genere è perché pensa che la gestione di San Siro possa essere riproposta per il nuovo stadio con una maggiore efficienza. Sicuramente è una soluzione in controtendenza con quanto accade nel resto d'Europa, ma può rivelarsi anche una soluzione virtuosa.

Che differenze ci sono, secondo il vostro punto di vista, in termini di costi, tempi di realizzazione e impatto sulla città tra la ristrutturazione di San Siro e la realizzazione di un impianto completamente nuovo?

Di sicuro, la ristrutturazione di San Siro prevede un progetto più complesso: si tratta di 'aggredire' una tribuna ogni stagione, accelerando nei periodi in cui non si gioca. Si potrebbe prevedere una durata di 3-4 anni per completare l'ammodernamento dello stadio. Soprattutto perché bisogna mantenere sempre una certa capienza e degli standard di sicurezza. Aggiungo che legare il futuro di San Siro al futuro del Trotto sarebbe un'operazione virtuosa. Vediamo che oggi manca il terzo anello dalla parte del Trotto, ma proprio perché prima c'era il Trotto, che oggi è una struttura sottoutilizzata che potrebbe essere in futuro usata per la valorizzazione dell'area, che diventerebbe il fulcro del progetto. Nel complesso, per ristrutturare San Siro potrebbero volerci 1-2 stagioni in più rispetto alla costruzione di un nuovo stadio.

E siamo sicuri che il progetto di ristrutturazione possa portare San Siro al livello dei più grandi impianti d'Europa?

Assolutamente sì. In quell'area si possono soddisfare tutte le esigenze delle squadre, tra spazi commerciali e hospitality più grandi. Le tribune verrebbero realizzate più in profondità e, con lo spazio recuperato, si avrebbero le hospitality necessarie. Al livello del nuovo impianto del Tottenham? Assolutamente. In questo periodo, tante squadre italiane stanno proponendo i loro progetti: penso alla Fiorentina, al Verona. Tutti con forte iconicità. Bisogna stare attenti che lo stadio non atterri sulla città come un'astronave, senza la capacità di dialogare con il tessuto urbano, cosa che San Siro fa. Milano viene conosciuta per la moda, per il Duomo, ma anche per San Siro. C'è un valore che non è commerciale, ma identitario. Rendere San Siro come uno stadio nuovo sarebbe un'operazione di grandissima qualità.

E non esiste nemmeno il pericolo che Inter e Milan giochino in trasferta durante i lavori?

Il nostro progetto prevede la cantierizzazione dello stadio in modo tale che le squadre possano giocare durante i lavori, smontando il terzo anello e lavorando su una tribuna per ogni stagione. Bisognerebbe solo avere una deroga riguardo al regolamento sulla tribuna rossa, che stabilisce come quel settore debba essere sempre orientata in una certa maniera rispetto al sole. Per un anno si avrebbe la tribuna rossa al posto di quella arancione. Ma, a fronte del guadagno, è un disagio che si può tranquillamente affrontare.

Avete avuto contatti con i due club in merito a un possibile coinvolgimento del futuro impianto?

In questi anni moltissimi. Per anni siamo stati consulenti dell'Inter, ma abbiamo lavorato anche con il Milan. A oggi, per il futuro stadio non abbiamo avuto contatti con i club. Ci sono varie proposte per questa nuova sfida: se fossimo interpellati, pensiamo che il progetto già presentato sia molto valido. Milano sta guidando l'Italia: avere l'opportunità di prendere San Siro in maniera "milanese" e proiettarlo nella modernità sarebbe veramente un grande orgoglio. Dire semplicemente 'buttiamo giù e ricostruiamo' penso che non usi tutto il genio di questa città.

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