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Inter, Materazzi: “La Champions la chiusura dopo il 5 maggio. Benitez? Io mi incazzo se…”

Le parole dell'ex difensore

Redazione1908

Lunga intervista concessa da Marco Materazzi, ex difensore dell'Inter, sul canale Instagram di Er Faina. Dalla Champions League passando per il Mondiale 2006, ma anche molto altro.

Ibrahimovic?

Non c'è nessun rapporto con lui. All'inizio sì, quando è arrivato eravamo due zingari. Poi qualcosa è cambiato, per essere così rancoroso con me. Ma non è un problema. Siamo due caratteri opposti, ma va bene. E' un fenomeno, ma non ai livelli di tutti quelli che sappiamo. So che si arrabbierà, ma è così. Ibra o Totti? Mi è simpatico Francesco.

Benitez?

Tutti noi avevamo un grandissimo rapporto con Mourinho. Quello che era stato, era stato troppo importante. Quando qualcuno cerca come strategia di cancellare il passato in qualche maniera io lo rispetto, ma se vedo che viene cancellato solo Josè mi incazzo. Mi metto di traverso. Se avessimo voltato definitivamente pagina col passato per me non ci sarebbero stati problemi, invece fu cancellato solo Mourinho. Uno che vince la Champions League con il Liverpool, per quanto dovesse prendere 6 fischi dal Milan in quella partita, ha comunque delle capacità. Tanto di cappello perché ha vinto tanto. All'Inter però ha avuto problemi con me, a Napoli con Cannavaro, al Chelsea con Terry, a Madrid forse con Cristiano o con qualcuno. La colpa è sempre degli altri? Io comunque lo ringrazierò sempre perché da questi errori cercherei di trarre vantaggio e beneficio.

Tu alla Lazio?

C'è stata questa opportunità per un momento, ma per fortuna sono arrivato all'Inter e ho avuto grandissime soddisfazioni. Ho scelto perché quella squadra non vinceva da molto tempo e c'erano i presupposti per tornare a farlo. Il primo anno arrivammo in semifinale di Coppa Uefa e purtroppo perdemmo lo scudetto all'ultima giornata. Per me comunque quell'ultima partita fu soltanto il capitolo finale di una situazione che conosciamo.

Il Mondiale?

Avevo davanti a me Nesta, uno che era il mio idolo in assoluto, e un fenomeno come Cannavaro. Con Fabio avevo giocato insieme, subendo 2 gol in 15 partite, prima che facesse una scelta discutibile. Avrebbe potuto vincere la Champions League all'Inter. Le esperienze precedenti in nazionale ci avevano comunque fortificato, quel gruppo aveva preso consapevolezza. Lippi ci diceva che avremmo vinto il mondiale già da prima di partire. Ci faceva sentire tutti importanti, chiunque in campo poteva fare bene. Quando Nesta si è infortunato mi sono cagato addosso (ride, ndr). Quando mi scaldavo non sapevo se ero contento di entrare o meno. Poi presi coraggio e segnai. Quel gol ci permise di evitare il Brasile di Ronaldo.

Come ci arriva un giocatore alla finale?

La partita con la Germania è stata la finale, li abbiamo messi sotto in uno stadio che era una muraglia e in casa loro. Non era semplice, erano più giovani e i tedeschi sono gente che programma. Nel 2006 avevano detto di aspirare tra le prime quattro, ma speravano di fare almeno la finale. Giocammo una partita incredibile, il mister ci trasmise fiducia. Pirlo poi si è inventato una giocata non normale. La finale? Non abbiamo fatto la rifinitura a Berlino perché pioveva. Poi abbiamo visto la Francia allenarsi ed erano enormi e andavano fortissimi. In finale hanno fatto qualcosa in più loro. Il rigore non c'era, basta vedere: avrei dovuto essere ammonito, lui si è lasciato cadere.

Il tuo rapporto con Zidane?

Non ho avuto mai rapporto, come calciatore era un fenomeno, così come ad allenare: tre Champions di fila non le vincerà mai nessuno. Massimo rispetto. Io non avevo nulla con lui. Quando uno va in campo si deve assumere le sue responsabilità. Era già successa una cosa del genere da parte sua in campo? Sì, 3-4 volte, è quello che mi fa incazzare. Io non ho mai avuto reazioni, io le ho date: magari reazioni che hanno fatto sì che tutti tranne gli interisti mi odino. Ma mi sono preso le mie responsabilità. Di Zidane era già successo con l'Amburgo, nel '98 con l'Arabia. Può succedere in campo, ma dire che era solo colpa mia, no. Ho massimo rispetto però per lui. Quello che gli ho detto è scritto nel mio libro. La prima cosa che ho fatto è stata chiedergli scusa perché l'avevo trattenuto per non farlo saltare di testa, ma lo rifarei altre centomila volte. Può essere che rosicasse, ma non c'era nulla. Mi disse: "La maglia te la do dopo", ma se lo fai in oratorio o altro minimo ti insultano. Non c'era differenza, eravamo tutti nella stessa partita: avevamo fatto gol entrambi. Io non mi sarei mai aspettato una cosa del genere, se mi fossi parato sarei stato espulso pure io. Ho preso pure due giornate, non me la spiegherò mai: era la Fifa di Blatter.

Il Mondiale o la Champions?

La Champions è partita dal 5 maggio 2002, è la chiusura di un cerchio con la tua squadra e con la tua carriera. Sono l'unico giocatore della storia dell'Inter ad aver vinto il Mondiale con i nerazzurri e con la Nazionale. Il Mondiale l'ho vissuto più da professionista, ma all'Inter mi sentivo importante anche se non giocavo.

Il nuovo Materazzi?

Bastoni, mi piace: di giovani mi piace lui.

La Juventus?

La odio a livello sportivo, ma come club non hanno niente da invidiare a nessuno.

Un attaccante che ti ha dato fastidio?

Cruz, era veloce e tecnico e segnava: ti massacrava. Pensavo di avere vita più facile. All'Inter hanno visto tutti cosa ha fatto.

Balotelli?

Balotelli, io gli voglio bene vero. Lui mi faceva incazzare quando faceva il bambinone. Aneddoti? Primo allenamento ha tentato di fare il tunnel a me e Cordoba. Mio padre allenava a Bari gli ho detto prendi Mario è un fenomeno. Mi ascoltò, gli dico digli di sì. Lui disse di no. Ho cercato di spiegargli qua all'Inter ci sono Cruz, Crespo, Adriano... Niente. Ma questa era la sua forza. Miglior allenatore? Dovrei dire Mourinho, ma posso dire anche Lippi e Mazzone. Ho avuto i migliori, anche Cosmi e Mancini. Da tutti ho imparato qualcosa. Futuro? Ora finisco la quarantena, poi vediamo. In India ho fatto il manager, tipo in Inghilterra. In Italia non è possibile. Vorrei dimostrare che in panchina uno può essere diverso da come era quando giocava.

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