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Julio Cesar: “Sarei rimasto all’Inter fino a fine carriera. Madrid? Brividi. Rigore di Ibra? Gli dissi…”

Le parole dell'ex portiere nerazzurro

Marco Astori

Julio Cesar, ex portiere dell'Inter, ha rilasciato un'intervista in collegamento con Sky Sport. Tra i temi affrontati dal brasiliano, ovviamente, il suo periodo in nerazzurro, ma non solo.

Ti emozionano ancora le immagini di Madrid?

Mi vengono ancora i brividi a vedere quelle immagini: è impossibile non emozionarsi.

Il Chievo?

E' stato un momento importante per me, non parlavo italiano. In Brasile ero conosciuto, a 17 anni ho esordito col Flamengo: ma in Italia non mi conosceva nessuno. Ma quando sono arrivato mi ricordo una copertina importante della Gazzetta con una mia foto grandissima col titolo "Lo sconosciuto portiere brasiliano": io non sapevo l'italiano, ma ero felice perché ero in copertina. Ma un mio amico mi ha spiegato cosa voleva dire e ci sono rimasto (ride, ndr). E' stata una decisione mia andare in Italia a gennaio, volevo arrivare all'Inter sapendo già l'italiano. Al Chievo ero triste, volevo almeno sentirmi parte della squadra: il Chievo stava solo facendo un favore all'Inter. Non mi sentivo parte della squadra, ero triste e piangevo con mia moglie: volevo fare parte della squadra, almeno viaggiare con loro.

Qual è la tua miglior parata e la partita che ricordi al meglio?

La parata più importante è quella di Messi in semifinale di Champions: quando torno in Italia i tifosi se la ricordano ancora. E' importante per il momento e perché ha calciato Messi.

Sei stato il più forte al mondo?

Ho un'idea molto chiara. Io non ho mai visto un portiere più forte, ne vedo tanti e ognuno ha caratteristiche migliori di altri. E' importante la regolarità: quando si sbaglia, bisogna pensare a quanti gol hai salvato. Io sono molto umile, non mi sono mai sentito il più forte: stavo bene quando scendevo in campo, sapevo che in partita non avrei preso gol. Ho fatto belle cose all'Inter, però c'erano portieri che stavano facendo altrettanto. Oggi mi piacciono Alisson e Ederson, mi piace molto Oblak, Keylor Navas tantissimo: è molto sottovalutato. Buffon sta giocando poco, ma non possiamo dimenticarlo: sarà sempre un punto di riferimento. De Gea non sta attraversando un bel momento, ma ha fatto molto bene. Donnarumma è bravissimo, esordire a 16 anni non è facile. Non posso dimenticare Handanovic, ha regolarità da anni con l'Inter: è fortissimo. Non se ne parla molto all'estero perché ha giocato poco la Champions, ma per me è nella top 5 mondiale.

Le tue caratteristiche?

Riuscivo a leggere cosa faceva il giocatore davanti a me velocemente, avevo questa caratteristica: mi ha fatto diventare un portiere importante a livello mondiale.

Il gol più bello preso?

Quello di Totti: non lo conoscevo bene. Ha fatto una bella giocata e ha fatto il cucchiaio: mi prende in giro ancora oggi. E' stato veramente un bel gol, non me l'aspettavo. Poi contro la Roma ho sempre giocato sulla linea di porta. Ero arrabbiato con me stesso: prendere un gol in quel modo ti fa arrabbiare.

Il gol di De Rossi nel 2010?

Quando accadono queste cose è perché sottovaluti il momento: in allenamento si dice che le palle facili sono le più difficili. Io pensavo di avere già la palla in mano, poi mi è scappata. La cosa importante è essere bravo a riprendersi subito psicologicamente per stare in partita: arrivano altri palloni e devi essere preparato.

Nuciari?

Non lo vedo da tanti anni, sono emozionato. E' stato molto importante per me: è venuto a trovarmi a Verona per spiegarmi cosa voleva Mancini da me. All'Inter ha subito creduto nel mio potenziale: ho sempre ascoltato le sue parole mentre lavoravamo insieme, sono stati anni in cui mi ha presentato il calcio italiano e il lavoro del portiere in Italia. Mi emoziono perché tutto quello che ho vinto lo devo a lui.

Qual è il tuo ricordo dal ritiro prima della finale di Coppa Italia?

Mi ricordo che Mourinho prima della partita aveva fatto una riunione bellissima con noi dicendo che avevamo l'opportunità di vincere tre trofei: e che quella finale sarebbe stato il primo. Mourinho aveva la specialità di parlare con noi e farci credere di essere i più forti al mondo: ci faceva sentire il gruppo migliore, eravamo la squadra da battere. Noi lasciavamo le riunioni con voglia matta di giocare, ma dovevamo aspettare ancora un giorno per farlo: lui trasformava il nervosismo e la pressione in atmosfera leggera. Era un leader in cui avevamo tanta fiducia.

Ti saresti aspettato che l'Inter non avrebbe più vinto?

Non me l'aspettavo, l'Inter aveva preso una strada vincente. Noi in sette anni abbiamo vinto mediamente due titoli all'anno: l'Inter aveva preso gusto ad alzare un trofeo all'anno. Non me l'aspettavo.

Da Mancini cosa prenderesti?

Era uno che lavorava tanto sulla tattica e sulla difesa: il suo modo di lavorare era una novità per me. Poi ho capito quando sia importante in Italia essere pronti tatticamente: lui lavorava in modo esagerato sulla difesa. Io oggi parlo più con Mourinho che con Mancini: Materazzi ha creato il gruppo del Triplete su Whatsapp dove scherziamo e ricordiamo i bei momenti. Con Mancini ci siamo visti 3-4 volte. E' sempre stato molto vanitoso (ride, ndr). Lui ha creduto sempre nel mio lavoro, dopo gli allenamenti lui mi diceva di andare in porta e tirava rigori e punizioni con Mihajlovic. Lui mi ha messo a giocare, la prima partita fu un preliminare di Champions in Ucraina e mi fece subito giocare. Avevo capito che credeva in me, sono felice che siamo riusciti a vincere lo scudetto dopo tanti anni. Lo ringrazio per l'opportunità, ha cambiato la mia vita.

Il giocatore più forte con cui hai mai giocato?

Ronaldinho. Abbiamo quasi la stessa età, già nelle giovanili dimostrava di essere un fuoriclasse.

Fuori onda con Zanetti.

Mi ha mandato un messaggio dicendomi che faccio emozionare. Ti voglio bene Pupi, amore mio: nostro eterno capitano. Anche Materazzi: il primo anno abbiamo fatto una tournée in Inghilterra e ho imparato tanto l'italiano con lui, anche le parolacce.

Il rigore con Ibra nel 2012?

Me lo chiedono tutti, io ho provato a fargli perdere la concentrazione: sono andato lì e gli ho detto "tu tirerai forte in mezzo, ti conosco". Poi sono tornato indietro, la linguaccia mi è venuta dopo che gli ho detto "ti ho beccato, pezzo di m...". Poi ha tirato benissimo, mi ha detto "raccogli il pallone in porta, pezzo di m...". Abbiamo scherzato, gli voglio benissimo, è un fuoriclasse e un amico.

Saresti rimasto all'Inter fino a fine carriera?

Sicuramente sì, ma sono successe cose che non ho capito bene. Ho molto rispetto per la società per quello che ha fatto per me, ho accettato la decisione: ho lasciato dalla stessa porta dalla quale sono arrivato. Ho un rapporto bellissimo con la società, sto insieme col presidente, con Pupi e con altre persone. C'è sempre rispetto: se avessi potuto scegliere, sarei rimasto fino alla fine.

Che farai nel calcio?

Sto lavorando come procuratore, non farò mai l'allenatore: ho studiato e cominciato a parlare con persone che fanno questo lavoro. Sto facendo il corso Uefa che mi sta dando una mano per capire come funzionano le cose.

Il 7-1 con la Germania?

E' stato il momento più brutto del calcio brasiliano: io ero il più grande della squadra, il nostro vice mi disse che ero l'unica persona che poteva dire qualcosa al popolo in tv. L'ho fatto con personalità e con tristezza, ma non si può mettere la faccia solo quando le cose vanno bene. Io ho sempre messo la faccia.

Maicon?

Era un giocatore di grande personalità, lo ammiravamo tutti per questo: lui dimostrava sempre la sua forza e il suo valore. E' stato un grandissimo amico, era il mio compagno in ritiro: abbiamo condiviso tante cose importanti e particolari. Era un fuoriclasse, il più forte terzino destro con cui ho giocato, fare la differenza in quel ruolo non era facile, lui la faceva.

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