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Melo, una serata per “chiudere il cerchio”: fedelissimo e idolo. E quell’87% dice…

Il calcio è così ed è bello anche per questo. Felipe Melo c’era nel 2010 e la scia del pallone gli fece probabilmente fischiare le orecchie. Giocata pazzesca di Maicon: palleggio e tiro al volo ad insaccarsi alle spalle di Buffon, una...

Alessandro De Felice

Il calcio è così ed è bello anche per questo. Felipe Melo c’era nel 2010 e la scia del pallone gli fece probabilmente fischiare le orecchie. Giocata pazzesca di Maicon: palleggio e tiro al volo ad insaccarsi alle spalle di Buffon, una prodezza che non si dimentica facilmente. Ai tempi Melo vestiva il bianconero, oggi si ritrova leader della squadra nerazzurra. Melo ritroverà il suo passato, scrive l’edizione odierna della Gazzetta dello Sport, ma non sarà emozionato perché sarà impegnato a inseguire ciò che è stato e che evidentemente non gli manca. La sua nuova realtà si chiama Inter e per l’Inter ha rinunciato a parecchi soldi del Galatasaray.

Da quando è arrivato a Milano, Melo non è più uscito dal campo, sempre titolare dal primo all’ultimo minuto di gioco. Il Pitbull brasiliano ha scalzato quello cileno (Medel), che ha trovato posto in difesa a causa delle sfortune di Miranda e Murillo che tra infortuni e squalifiche hanno spesso dato forfait. Ormai il gigante del centrocampo nerazzurro è lui, Felipe Melo, bollato come cattivo, ma poi te lo ritrovi a baciare moglie e figlia immediatamente dopo il gol rifilato al Verona. Felipe si attacca alla maglia come una fede, scrive la “rosea”. Per lo stesso motivo a Istanbul era diventato idolo: lotta, corre, suda, si prende le responsabilità. A tal proposito le statistiche dicono che è proprio il brasiliano il nerazzurro che rischia e trova con maggior precisione il lancio lungo, segno che non ha paura di tentare la giocata più complicata pur di risolvere qualche problema. Non è solo uomo di fatica, ma anche di costrutto: Melo ha realizzato l’87% di passaggi corretti. 

Felipe Melo è uno dei fedelissimi di Mancini, ecco perché il tecnico jesino ha insistito tanto per averlo. Uno al quale non bisogna spiegare cosa significhi la parola “personalità”. E pensare che prima di Mancini lo avrebbe voluto anche José Mourinho, che stava costruendo l’Inter che poi avrebbe vinto tutto. “Sbagliai a scegliere la Juventus, all’Inter avrei vinto tutto. Avrei fatto meglio ad andare all’Inter”. E invece in bianconero visse delusioni sportive. Ma stasera battendo la Juventus questa sera il cerchio potrebbe chiudersi alla perfezione.