Scommessopoli ha travolto il calcio italiano e ancora una volta alla vigilia di una competizione importante. Nel 2006 Calciopoli sconvolse la Nazionale Italiana che in Germania riuscì a diventare campione del mondo. Oggi, a pochi giorni dall'inizio dell'Europeo, una nuova indagine divide l'Italia calcistica. Beppe Severgnini affronta l'argomento nella sua rubrica su corriere.it, 'Italians' e scrive: "Il professor Mario Monti, annusati i miasmi che salgono dal pallone, sogna di chiudere la rotonda baracca per due-tre anni. Castigo meritato, per carità. Ma non condurrebbe alla riabilitazione: semmai al lutto di metà della nazione e al giubilo dell’altra metà. Molti calciatori sono ragazzi con molti soldi e poca testa. O meglio, ce l’hanno, ma sono convinti che serva per colpire su calcio d’angolo. Non credo sia avvenuta una trasformazione genetica, e non esistano più i Mazzola e i Rivera, i Bicicli e i Lodetti (neppure i Baggio e i Bergomi). Pochi, ma ci sono ancora. Di solito vengono aiutati da una buona famiglia, un buon carattere e una buona moglie (come Zanetti, Cordoba, Del Piero e Costacurta)".
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Calcioscommesse e debolezze. Severgnini: “Una volta Mou mi raccontò…”
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I problemi veri cominciano quando l'educazione e il carattere sono manchevoli: "Il problema - dice il giornalista - sono i deboli, gli immaturi, gli arroganti, gli sciocchi e le teste matte. Alcuni, particolarmente dotati, riescono a riunire tutte queste caratteristiche: e prima o poi si ritrovano i carabinieri alla porta. Non è facile avere vent’anni con troppi soldi, e vivere circondati da pseudo-amici e giovani sirene in tanga. Trenta presenze in serie A costituiscono un passaporto sociale: il medico, il commercialista e il ristoratore avranno occhi diversi. Sguardi e riguardi diventano un droga, alla quale diventa difficile rinunciare (ecco il motivo degli addii sempre rimandati, delle depressioni quando il ritiro arriva)".
Severgnini che ha anche tifoso nerazzurro racconta anche di un altro episodio: "Ho scritto di calcio per dieci anni (2000-2010): pochi per considerarmi competente, abbastanza da capire con chi abbiamo a che fare. Parlando con Mourinho, Prandelli e Zaccheroni – tre allenatori pensanti - ho capito quanto fossero consapevoli del loro ruolo di educatori, spesso alle prese con ragazzi immaturi. Ragazzi semplici, talvolta ragazzi deboli che nascondono dietro il machismo dei tacchetti la loro insicurezza. Mourinho mi disse d’aver appena espulso dall’allenamento un giovanotto: aveva mancato di rispetto a un collega più esperto. Lo raccontava senza entusiasmo, consapevole che non sarebbe servito a nulla (così è stato)".
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