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(In)giustizia sportiva: i due pesi e le due misure che proprio non vanno giù

Il nostro calcio continua a regalare stranezze. E hai voglia a dire che non bisogna essere polemici. Nell’attesa della prossima stagione, quando secondo quanto rivelato da Nicchi un paio di mesi fa due o tre arbitri potrebbero parlare in tv...

Sabine Bertagna

Il nostro calcio continua a regalare stranezze. E hai voglia a dire che non bisogna essere polemici. Nell'attesa della prossima stagione, quando secondo quanto rivelato da Nicchi un paio di mesi fa due o tre arbitri potrebbero parlare in tv alla fine delle partite, Rizzoli prende inaspettatamente la parola e si espone sul "caso Bonucci". Si espone in una maniera sorprendente, facendo a dire il vero una figura non esattamente brillante: «Bonucci non mi ha dato nessuna testata. Sono stato io a spingerlo, per allontanarlo dal giudice di linea. Il giocatore ha semplicemente esagerato nelle proteste. Non c’è stata testa contro testa, le immagini non danno il senso vero di quel che è successo. Ci fosse stata la testata, non mi sarei limitato al cartellino giallo». Sono stato io a spingerlo. Va bene. Quindi l'atteggiamento intimidatorio di Bonucci era solo una nostra fantasiosa impressione. In realtà ha fatto tutto Rizzoli. Un arbitro che difende un giocatore, che stava protestando contro il suo operato. Ok.

I nostri campionati sono pieni di contraddizioni in campo arbitrale. Pieni zeppi. E non ci riferiamo ovviamente alla pagina più nera del nostro calcio che qualcuno ancora si ostina a revisionare a suo piacere e a suo gradimento. Per esempio, nella stagione 2012/2013 Fredy Guarin era stato squalificato per un turno a causa del suo sguardo aggressivo (un turno di squalifica e 5.000 euro di multa). Nella stessa partita, peraltro, non veniva visto un rigore piuttosto solare su Ranocchia. Le solite sviste. Era lo stesso campionato di Catania-Juventus, partita che tanto aveva fatto alterare Pulvirenti. La panchina bianconera, infatti, era riuscita nell'intento di far annullare un gol già assegnato al Catania (messo a segno da Bergessio). Un episodio incredibile, che non aveva lasciato strascichi disciplinari. Probabilmente l'arbitro, se avesse parlato, avrebbe espresso gratitudine alla Juventus per avergli dato una mano nel suo lavoro. Qui ormai siamo preparati a sentire qualsiasi cosa.

Lungi da noi voler suggerire che i mali dell'Inter di questa stagione derivino da torti arbitrali perché come ha più volte sottolineato Roberto Mancini i nerazzurri peccano nel chiudere le partite. In ogni caso le contraddizioni restano. Gli arbitri a San Siro non hanno timori ad espellere i nostri giocatori (la sudditanza psicologica nei nostri confronti è a zero, insomma), le ammonizioni fioccano senza indugi e se c'è da fischiare un rigore contro, nel dubbio (che cosa sarà mai), lo si fischia senza troppi rimpianti. C'è una certa rassegnazione in questo, anche se Mancini giustamente, quando gli episodi hanno sfiorato una vena surreale, lo ha fatto notare. Anche, quindi, per quanto riguarda la simulazione di Andrea Belotti di domenica sera (simulazione che ha regalato la vittoria al Toro), le contraddizioni non accennano a diminuire. Leggiamo il referto di Tosel, che si basa a sua volta su quello dell'arbitro:

Prima si parla di un energico contatto (ma quale?), poi si capitola sulla posizione dei protagonisti rispetto ai pur molteplici angoli di ripresa televisiva, che non ha consentito di acquisire immagini idonee ad esprimere un sicuro giudizio circa l'effettivo contatto tra le gambe del calciatore interista ed il piede e la gamba destra del calciatore torinista. Le immagini visionate (di Infront) non hanno sciolto i dubbi. Però c'era un energico contatto (fantascientifico). E niente, l'arbitro di domenica sera non ha nulla da dire.

Quindi le proteste del Napoli, in corsa per lo scudetto, assumono una sfumatura comprensibile. È sempre il solito vecchio e decadente discorso: due pesi, due misure. Mai si era sentito un arbitro difendere pubblicamente un giocatore ammonito per proteste eccessive. Non siamo tutti uguali. E non abbiamo tutti un Rizzoli pronto a difenderci. Bisogna farsene una ragione, insomma. Prima o poi, forse, ce la faremo. Forse.

Twitter @SBertagna