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Facchetti jr: “Ranocchia capitan futuro. Ranieri? Non so se papà  l’avrebbe fatto…”

Gianfelice Facchetti e il ricordo di suo padre. Il regista ha rilasciato un’intervista a Panorama per raccontare il suo libro ‘Se no che gente saremmo – Giocare, resistere e altre cose imparate da mio padre Giacinto (Longanesi,...

Eva A. Provenzano

Gianfelice Facchetti e il ricordo di suo padre. Il regista ha rilasciato un'intervista a Panorama per raccontare il suo libro 'Se no che gente saremmo - Giocare, resistere e altre cose imparate da mio padre Giacinto (Longanesi, 2011)' e per ricordare il suo papà. Nel suo ricordo, il capitano nerazzurro è l'eroe buono del popolo interista, l'esempio per un figlio, il campione indimenticabile che portò l'Italia in finale con una monetina.

RADICI INDIMENTICABILI - "Non è facile il confronto con un uomo come lui, ma era così soprattutto quando ero adolescente, poi ho scoperto il piacere di portare il suo nome, un nome che appartiene allo sport nazionale. E in quel nome ci sono le mie radici, ne sono fiero. Papà era un padre come tanti, faceva di tutti per esserlo anche se essere il capitano dell'Inter e della Nazionale spesso veniva fuori, ma l'ho visto giocare poco, quando ha smesso avevo 4 anni", racconta Gianfelice.

IL LIBRO - Nel suo libro racconta l'uomo, il campione e suo padre: "L'ho scritto per ordinare tutto il materiale che ho raccolto su di lui, perché non andasse perduto, l'ho fatto per condividere la sua storia e restituirlo al mondo dopo la sua scomparsa. Ho scritto tutto, tutto quello che la delicatezza e il pudore che si devono a un padre ti consentono di scrivere…", sostiene.

ARPINO - Nel titolo del suo volume Gianfelice ha scelto di mettere la frase che suo padre disse allo scrittore Giovanni Arpino per convincerlo a tenere a battesimo il suo primogenito: "E' una frase che dipinge papà. Che ricorda il noto giornalista, ai tempi di papà i giornalisti erano pochi e si faceva in tempo a diventare amici, fu Arp a dargli il soprannome Giacinto Magno, credo sia un connubio perfetto per descriverlo: un nome gentile unito ad un aggettivo storico, epico". 

IL CAPITANO -Giacinto per l' Inter è stato una bandiera come poche in Italia e nel mondo. "Perché oggi nel calcio l’aspetto del profitto è assolutamente preminente. Perché è uno sport che corre a un ritmo insostenibile, fuori e dentro il campo. E le società si devono adeguare, abbandonando la virtù della pazienza e lasciando che la merce circoli, secondo le regole ferree del mercato. Ma i calciatori non sono merce, sono uomini. Chi vedo come capitano dell'Inter nei prossimi anni? Andrea Ranocchia, un ragazzo e un atleta dalle qualità sportive e umane adatte a diventare il prossimo simbolo nerazzurro. Gioca poco adesso, ma è giovane e può rappresentare il domani". 

CALCIOPOLI E... - A proposito di presente, sono attuali la sconfitta con la Juve e l'esonero di Ranieri: "La coreografia della Juve? Non c'è granché da dire se non che le sentenze parlano chiaro. Su Calciopoli trovo singolare che il procuratore Palazzi abbia voluto aprire una requisitoria, pur sapendo che una delle persone di cui si stava occupando era scomparsa ormai da anni. L'esonero di Ranieri? Non so se papà lo avrebbe esonerato, so che era più portato a costruire e a pazientare che non a ricominciare continuamente da capo".