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La religione, la fame, il calcio come rivincita e la promessa al nonno scomparso: Inter, ecco chi è Lukaku

La religione, la fame, il calcio come rivincita e la promessa al nonno scomparso: Inter, ecco chi è Lukaku

Un'infanzia difficile, poi la rivincita grazie al calcio. Ma anche la religione e lo studio di qualsiasi tipo di partita. Tutto su Lukaku

Alessandro De Felice

Un perfezionista. Così il Corriere dello Sport definisce Romelu Lukaku, nuovo attaccante dell'Inter. Il belga classe 1993 ama giocare alla console e guardare partite: "Il salone della sua abitazione è attrezzato per rendere il televisore centrale nella vita domestica. Romelu passa molte ore a giocare alla playstation alle varie versioni di Fifa e a guardare qualsiasi tipo di partita, di campionato, di Coppa, del più sgrauso torneo giovanile,passa dalla Premier League alla Jupiter Pro League, dalla Champions al torneo dei bar di Bruges (se esiste). [...] Jean Kindermans, direttore del settore giovanile dell’Anderlecht, ha descritto l’evoluzione di Lukaku: “Quando è arrivato all’under 17, ci siamo resi conto che non si imponeva solo grazie alle sue capacità fisiche o al senso del gol, ma era supportato da una mentalità eccezionale”. Lukaku, già allora, si allena da solo, oltre l’orario “di lavoro” per migliorare i duelli individuali, gli scatti, i tiri. Non è arrogante, non si sente già “imparato”. Ama le sfide che può vincere, come un condottiero cresciuto nella più pura arte della guerra. Così all’allenatore delle giovanili che lo vede come panchinaro propone: “Se entro dicembre ho segnato 25 gol prepari i pancakes per tutti”. Li realizza entro novembre e nello spogliatoio si spande un bell’odore di dolce. All’Anderlecht si lega a Mbark Boussoufa trequartista marocchino naturalizzato olandese che lo supporta, insegnandogli quello che sa. Lukaku impiega poco a diventare la star che sognava, segnando 116 gol in 70 partite con le giovanili".

La sua più grande passione? Il calcio. E parla addirittura cinque lingue: "Da quando suo fratello Jordan è andato alla Lazio, si è pure abbonato a Sky Italia per seguirlo e così l’italiano è diventato una delle sue cinque lingue. Se la cava bene, meglio di noi con l’olandese che è parlato ad Anversa, dove Romelu è nato, e nel 60 per cento del Plat Pays. Thomas Chatelle, ex centrocampista dell’Anderlecht, che lo ha avuto giovanissimo compagno, ha raccontato: “Fin da quando era un ragazzo e lo vedevo agli allenamenti, si avvertiva la sua passione per il football. Seguiva tutti i match con uno sguardo analitico e ascoltava con rispetto quello che dicevano gli anziani".

Lukaku non ha vissuto un'infanzia facile, come quella di molti altri coetanei: "La sua vita di ragazzino passava tra elettricità tagliata per morosità, assenza di acqua calda (“mia madre ne scaldava un po’ in un pentolino e mi lavavo i capelli con quella”) e momenti bui, in tutti i sensi, in cui prega con mamma e fratello. Un giorno trova la madre in lacrime e giura che non sarà sempre così. “A che età si può diventare calciatori professionisti?” chiede a papà. A 16, è la riposta. A 16 anni Lukaku, che sta ancora sui banchi di scuola, diventa capocannoniere con l’Anderlecht e pure protagonista di un documentario che la tv gli dedica. Già a 15, però, ha attirato l’interesse del Chelsea,che offre alla famiglia un contratto da 1,5 milioni di euro. Con suo padre Roger decidono di rimandare di tre anni, alla maggiore età, lo sbarco in Premier. [...] Il football ha rappresentato la rivincita di un ragazzino a cui mancava tutto e che voleva diventare il più grande attaccante della storia del Belgio (lo è diventato: 48 gol in 81 partite). Ma solo la fame, solo le privazioni patite, le umiliazioni, non bastano a fare un campione. Ci voglio abnegazione, forza di volontà, applicazione, perfino quella cosa che si chiama routine e che può suonare noiosa. Comunque la fame, la mamma che allungava il latte con l’acqua, i topi che facevano capolino nell’appartamenti di famiglia, tutto questo c’è stato, come l’assenza del padre alle prime trasferte, con i genitori degli avversari che lo scrutavano e scrutavano il suo documento sospettosi, non credendo che quel colosso, ora 1,90 cm per 85 chili, avesse undici anni".

Il calcio ha rappresentato per il classe 1993 una rivincita: "Adesso Romelu ha, nella sua villa americana di Beverly Hills, il garage pieno di Bentley, Rolls Royce e di tutto il meglio della produzione automobilistica. Le privazioni forniscono una bella spinta, come le promesse fatte alla mamma (“staremo bene, non saremo più poveri”), ma da sole rabbia e ambizione non bastano. C’è bisogno del resto, c’è bisogno dell’essere. Proprio come “Rocky” come l’hanno soprannominato per quei pugni tirati al pallone, quella voglia di spaccare il mondo e le porte avversarie, ha cominciato a vincere dentro, prima che con i muscoli e la tecnica.c’è bisogno dell’essere".

Poi c'è la religione, uno dei capisaldi della filosofia di vita di Lukaku: "Conte lo ha voluto non solo per le sue caratteristiche tecniche, ma per la sua serietà, perché non ama apparire, non ha tatuaggi, non mostra la sua fidanzata sui social. E’ cattolico ed è stato in pellegrinaggio a Lourdes. Ed è pure astemio. L’aspetto morale ha la sua importanza, insieme con la sua abilità sotto porta. Certo, Lukaku si diverte come tutti i ventiseienni, ma nella giusta misura. Ora è pronto per una nuova avventura anche se già raggiunto quello che si era prefissato da bambino. “Mi dispiace che non ci sia più mio nonno, gli direi: vedi, tua figlia sta bene, abbiamo tutto, non dobbiamo più dormire sul pavimento"".

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