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Materazzi: “Balotelli all’Europeo solo se segna 20 gol. Quando gettò la maglia Inter a terra…”

Le parole di Matrix sul suo ex compagno di squadra

Daniele Vitiello

Intervistato dai colleghi della Gazzetta dello Sport, Marco Materazzi ha parlato della nuova sfida di Mario Balotelli al Brescia. Queste le parole dell'ex difensore dell'Inter:

Marco Materazzi, ha già sentito il suo «fratellino»?

«Mi ha solo fatto gli auguri per il compleanno. No, non ancora».

Cosa ha pensato quando ha letto, o sentito: «Balotelli al Brescia»?

«Che si vuole rimettere in gioco. E che il campionato brasiliano gli dava meno garanzie di competitività rispetto al nostro».

E’ la scelta giusta?

«Di sicuro non è una scelta comoda. La definirei una missione: per se stesso e per la sua città. Una missione difficile, e non (solo) perché le squadre che l’anno scorso erano state vicine alla zona retrocessione si stanno rinforzando tutte. O perché ricominceranno a insultarlo: i fischi gli piacciono e lo caricano, gli faranno un favore».

E allora difficile perché?

«Perché se nessuno si offende il Brescia è una provinciale, e lui si è abituato a giocare quasi sempre in grandi squadre. Perché sono finiti i tempi in cui era un giovane: nel Brescia sarà uno dei più vecchi. Dunque perché essere un leader, un trascinatore, sarà un dovere, non solo un diritto. Fare gol non basterà, gli toccherà essere il primo a correre su tutti i palloni, a sentirsi lui a disposizione della squadra, non viceversa. Finora le sue partite spesso partivano da 1-0, magari con gol suo: adesso, se andrà bene, partirà da 1-1».

In tanti hanno detto, e anche lui ha detto ieri: «Al Brescia posso dare più che a qualunque altra squadra».

«Bene, adesso dimostri di amarla come dice: dovrà portare lui lo scudo e anche la bandiera. E’ la sua città, ma ha firmato per tre anni, tre anni di fila in Serie A per una neo promossa non sono una passeggiata e io Mario in B non ce lo vedo...».

L’aria di casa gli farà bene. Sarà più tranquillo: favole?

«Casa o lontano da casa per questo cambia poco. Può cambiare, sapendo quanto è attaccato a lei, il fatto di avere sua madre più vicina. E pure suo padre, anche se non c’è più. Ma dire “Papà sarebbe stato felice di vedermi giocare nel Brescia” non basta: gli affetti non vanno in campo».

Lei che gli diede uno schiaffo quando gettò a terra la maglia dell’Inter...

«Solo uno?».

Ecco, appunto: ma lei quel giorno avrebbe mai pensato che nove anni dopo Mario sarebbe stato ancora così indietro nel suo processo di crescita?

«Mario non è indietro, anzi per certe cose è maturato tanto. Mario è così e il vero dubbio che ho sempre avuto è che sia arrivato troppo presto a livelli così alti. Io uno così forte già a 16-17 anni, uno che sfidava non dico me, ma gente come Mihajlovic, Samuel, Cordoba, Lucio, Chivu, non l’ho mai visto: è nato per il calcio, mi dicevo».

E dunque dove sta l’errore, uno su tutti?

«Sapere di essere così bravo lo ha portato a fare meno di quello che avrebbe dovuto. Ha pensato che bastasse il talento».

Materazzi a 29 anni aveva già giocato un Mondiale, come Balotelli, ma non aveva ancora vinto nulla: vuol dire che Mario è ancora in tempo per recuperare?

«Assolutamente in tempo, ma l’esempio non devo essere per forza io. Anzi: si faccia raccontare come Baggio visse il Brescia. Ed era Baggio».

Balotelli e la Nazionale: un amore più dichiarato che vissuto?

«Le chiacchiere non servono più. Mancini lo stimola, gli tiene aperte le porte, ma cosa altro potrebbe fare, o dire? La realtà è che il gruppo per l’Europeo è già nato e sta crescendo: è questo. E Balotelli per andare all’Europeo deve segnare venti gol: punto, il resto è noia».

E’ in tempo anche per rivincere, da protagonista, in un club?

«Vincere qualcosa di importante con il Brescia sarà dura, ma il Brescia può essere il suo trampolino: non un punto di arrivo, ma un punto di passaggio nella città che ama».

Ieri gli hanno chiesto se questa è la sua ultima occasione, ma Mario ha fatto un dribbling dei suoi: risponde lei per lui?

«L’aggettivo ultimo, per un ragazzo di 29 anni, è sempre brutto. Io dico che è la sua grande occasione: per scegliere se come trofeo gli basta giocare in Serie A con il Brescia, o se ha voglia di vincere qualcosa di meglio. So di non dire una cosa nuova, ma la dico: sta solo a lui decidere».

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