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Pereira: “Sento la fiducia dell’Inter. Posso fare il terzino però…”

Con la “Prima Serata” di Inter Channel, attraverso le tante domande dei tifosi nerazzurri, conosciamo Alvaro Pereira, El Palito, colui che “ha trovato in Pupi il miglior compagno perchè siamo sempre insieme, ma anche con Gargano...

Daniele Mari

Con la "Prima Serata" di Inter Channel, attraverso le tante domande dei tifosi nerazzurri, conosciamo Alvaro Pereira, El Palito, colui che "ha trovato in Pupi il miglior compagno perchè siamo sempre insieme, ma anche con Gargano e Guarin c'è tanto feeling".

"Posso coprire tutta la fascia sinistra - esordisce il difensore a proposito della sua posizione in campo - ho giocato tanto tempo in Portogallo come terzino, ma per le mie caratteristiche offensive è meglio iniziare un po' più in alto, certo è che devo adattarmi anche alla situazione della squadra e a quello che vuole il mister".

A Pereira, vengono poi fatte ascoltare alcune dichiarazioni che lo riguardano rilasciate proprio da Andrea Stramaccioni in una delle ultime conferenze stampa: "Non ricordo a memoria un giocatore essere arriva da un'altra dimensione e aver fatto subito cosi bene come ha fatto lui. Alvaro rappresenta nel suo ruolo, esterno sinistro, un mancino che possa giocare sia alto che basso il miglior prospetto sul mercato. Io sono soddisfatto e riprenderei Pereira, ma diamogli il tempo".

Lui sorride spiegando che: "In questo modo uno lavora più tranquillo. Sento di avere il sostegno di tutta la Società e questo è importante. Se avverto pressione? È una parola che non mi piace, pressione è quella che hanno i lavoratori per portare soldi in famiglia. Preferisco parlare di responsabilità e noi semplicemente lavoriamo per fare felice i nostri tifosi e per vincere".

Sposato, papà di due bambini (Matteo di 4 anni e Lucio di 6), Pereira parla anche della sua famiglia oltre che del significato del suo arrivo all'Inter: "Nella mia prima conferenza stampa avevo detto che per noi uruguaiani l'Inter è il sogno da bambini, noi che siamo cresciuti con miti come Ruben Sosa e Alvaro Recoba, l'Inter è l'Inter. Per me arrivare tutti i giorni alla Pinetina è un sogno".

In collegamento telefonico, arriva poi colui che è stato il primo contatto tra Alvaro Pereira e il calcio europeo, Maurizio Trombetta, allenatore del difensore uruguaiano nel Cluj nella stagione 2008-2009: "Siamo arrivati insieme in Romania e in ogni allenamento diceva che dovevo lavorare sulla tattica e io gli dicevo che non mi piaceva (ndr, sorride)". Dalla sua, l'allenatore spiega come ha insegnato a Pereira a capire le differenze tra il calcio sudamericano e quello europeo: "Lui è stato molto bravo a capire l'importanza dell'applicazione. Con noi al Cluj ha giocato da esterno sinistro basso in una difesa a quattro dimostrando grande propensione alla fase offensiva quindi le prime cose sono state per migliorare la fase difensiva. È un ragazzo molto disponibile, che ha dimostrato l'umiltà necessaria per apprendere e questo non è facile quando hai già dei campionati alle spalle ad alti livelli".

Differenze tra il calcio portoghese e quello italiano: "Dico che il calcio è la stessa lingua, ma tatticamente ci sono delle chiavi di lavoro differenti. In Portogallo c'è più libertà, ci sono quattro, cinque squadre forti, ma non tutte. Nel calcio italiano le partite e le avversarie sono quasi tutte impegnative allo stesso livello".

"È la sensazione più bella che esista nel calcio, ma quello che conta è sempre vincere": così Pereira descrive il suo rapporto con il gol prima di elencare i suoi modelli "tra i quali - Ruben Sosa, Alvaro Recoba, Roberto Carlos - solo Ernesto Francescoli non è passato dall'Inter".

"Italia e Sudamerica hanno molte cose in comune", viaggiando su questi racconti si ripercorre una carriera, quella di Pereira, fatta di vittorie su vittorie: "Sono arrivato al Cluj, la mia prima esperienza in Europa e ho vinto la Coppa rumena. Poi sono andato al Porto e in tre anni abbiamo vinto otto titoli, una squadra fortissima, una scuola di calcio. In Nazionale siamo arrivati quarti nell'ultimo Mondiale e abbiamo vinto la Coppa America. Immaginate che gioia sia stata aver vinto quel trofeo dopo 17 anni...".

"Se credo allo scudetto? È come no, lavoriamo per quello". E nel dopo carriera? "Mi piace allenare, non so se mi vedo in prima squadra, ma mi piace lavorare con i ragazzi e mi piace seguire tutto il calcio e i suoi protagonisti. Mi piace studiare le squadre rivali, sia che io giochi o che non giochi, e guardo tutti gli avversari non solo i miei diretti. Sento la necessità di farlo".