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Barbano (CdS): “Brutta Inter per tre quarti di gara. Correa? Inzaghi ci ha preso”

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Intervenuto sulle colonne del Corriere dello Sport, Alessandro Barbano ha commentato così la vittoria dell'Inter a Verona

Matteo Pifferi

Intervenuto sulle colonne del Corriere dello Sport, Alessandro Barbano ha commentato così la vittoria dell'Inter a Verona:

"Ci sono molti modi per dire grazie. Quello scelto da Correa al Bentegodi è il più stentoreo. Lo dice una prima volta travestito da Dzeko, incornando da perfetto centravanti, quale lui non è, un calibrato cross di Darmian nel cuore dell’area di rigore. Poi lo ripete a modo suo: stop, controllo e tiro, preciso e radente sull’angolo dove Montipò non può arrivare. Il destinatario di tanta gratitudine è Simone Inzaghi. Esulta sul primo dei due capolavori, che spezza la ragnatela del pareggio, e gode in silenzio di una gioia segreta sul secondo. Perché lui Correa lo ha voluto per portarsi un po’ di creatività laziale in questa Inter scudettata e potente, ma troppo ortodossa. E a giudicare da come il Tucu ha risposto alla prima chiamata, non c’è dubbio che il tecnico ci ha preso".

"Però, per tre quarti di gara è una brutta Inter. Nel primo tempo consente di fare al Verona ciò che dovrebbe fare lei: giocare di prima sulle fasce, sviluppando affondi in sovrapposizione per mettere fuori uso la marcatura avversaria. La manovra del centrocampo di Inzaghi è lenta e prevedibile, e a tratti imprecisa. Si fanno invano attendere i lampi di Calhanoglu. Lui e Brozovic dovrebbero essere i registi legati da un’intesa complice. Invece vagano ognuno per conto proprio, il croato più al centro del gioco, ma quasi mai illuminante come dovrebbe essere, il turco c’è ma non si vede, assente da tutto ciò che conti e possa portare l’attacco nerazzurro al tiro. Mentre ti chiedi dov’è il fuoriclasse che contro il Genoa dirigeva l’orchestra e, al momento giusto, sferrava il suo destro micidiale, devi amaramente constatare che la discontinuità è ciò che distingue un buon talento da un top player".

"Poi, c’è il regalo di Handanovic, che porta avanti il Verona. Resta da capire quale sottile erotismo del rischio continui a suggerire ai portieri l’appoggio corto centrale sul compagno pressato da dietro. Sembra tanto un modo per aumentare in una situazione di pericolo il grado di difficoltà, perché se perdi palla in quella posizione non c’è più il libero che ti salvi. Se ne accorge Brozovic, che invano azzarda una scivolata per fermare l’anticipo di Ilic, ben sapendo che dietro di lui c’è solo il portiere. La cui maldestra audacia mal cela un piacere di farsi male, un masochismo tattico con cui sarà bene prima o poi fare i conti".

"Ma non è solo questo l’interrogativo di Inzaghi per la settimana. Il fatto è che l’Inter gioca male contro una squadra ben messa, ma decisamente più modesta. Che alla fine deve rimproverarsi di aver osato poco sotto porta e di aver ceduto nel secondo tempo a un attendismo che tradiva la sua soddisfazione per il pari. Quando l’Inter ha rimontato lo svantaggio con Lautaro, sfruttando uno schema da fallo laterale e un improvvido assist del difensore scaligero Hongla, il Verona ha disarmato il suo pressing a centrocampo. Poi, Inzaghi ha tolto Brozovic per Vidal, e finalmente si è iniziato a giocare di prima. La stanchezza ha fatto il resto, aprendo qualche spazio al contropiede. Così all’83’ l’Inter si è rimessa lo scudetto sul petto a modo suo: corridoio verticale sulla destra di Vidal per Darmian, allungo di quaranta metri e cross come si deve. Il resto, si è detto, è un colpo di grazia, anzi di grazie".

"Ma i dubbi sul centrocampo restano. Avevano già impensierito Conte in tutto il girone di andata scorso. Si ripresentano a Inzaghi, il quale ha finito ieri alla Lazio di ricordare che questa palla, prima la facciamo girare, e meglio è. Talvolta la lentezza è il lato oscuro della classe. Più ne hai, più credi di avere diritto a tenere il pallone tra i piedi. Ma nel calcio, come in qualunque gioco di relazione e come in amore, il possesso è un vizio, non una virtù. Prima o poi si convinceranno. E allora non ci saranno prigionieri".

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