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Biasin: “Inzaghi può dare già  una lezione a Mazzarri. Lavezzi? Era meglio tacere”

Fabrizio Biasin, tramite il suo editoriale per Tmw, ha provato a fare il punto sulla situazione in casa Inter all’indomani della chiusura della sessione estiva di mercato dei nerazzurri: “Il mercato era stato progettato per tempo,...

Daniele Vitiello

Fabrizio Biasin, tramite il suo editoriale per Tmw, ha provato a fare il punto sulla situazione in casa Inter all'indomani della chiusura della sessione estiva di mercato dei nerazzurri: "Il mercato era stato progettato per tempo, pareva più che buono, ma la partita di Torino e certi chiari segnali venuti dal campo nelle settimane precedenti avevano fatto capire a tutti quanti che la squadra cercava e, soprattutto, necessitava di un giocatore per completare il reparto avanzato. Per molti giorni si è parlato a sproposito di Lavezzi, anche per bocca dello stesso presidente Thohir. Inutile ipotizzare l'ingaggio di un giocatore dallo stipendio stratosferico se le possibilità non superano il 10%; meglio tacere, altrimenti poi i tifosi (giustamente) si incazzano come iene. Per il resto Biabiany è stato scartato, Bonaventura invece abilmente "scippato" dai cugini. La rosa, vista l'impossibilità di piazzare Guarin, è infine rimasta invariata e lascia la sensazione che il club sia rimasto con il cerino in mano".

Le colpe del mancato botto di fine mercato sono, secondo Biasin, anche di Walter Mazzarri: "Il fatto è che, impedimenti di carattere economico a parte, più di una responsabilità ricade sull'atteggiamento di un mister che ha fatto di tutto per togliere al suo presidente la voglia di acquistare. Che senso ha investire su un attaccante se poi Mazzarri schiera mezza punta anche contro la Difendese (nome di club inventato)? E' ora che il tecnico toscano faccia chiarezza con se stesso e con i suoi tifosi: se nella sua testa esiste solo il 3-5-1-1 allora la rosa va bene così (a patto che il tecnico più pagato della A la sappia far girare), viceversa l'allenatore avrebbe dovuto osare di più: contro il Torino e a colloquio con i dirigenti nerazzurri. Sembra in definitiva che il tecnico non si sia scrollato di dosso l'etichetta di "provinciale", quella di un "allenatore calcolatore" che teme anche la sua ombra e dopo un anno non si è ancora accorto che guidare l'Inter significa osare, avere coraggio anche se la squadra non è quella del triplete. Inzaghi in questo senso può già dare lezioni al suo dirimpettaio".