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Crespo: “Italia? Manca il dinero, l’Inter poteva prendersi Ronaldo. Ora? Il futuro…”

Tra i grandi campioni che stasera parteciperanno alla festa di Javier Zanetti a San Siro c’è anche un grande ex nerazzurro: Hernan Crespo. L’ex bomber ha raccontato le emozioni per l’evento di questa sera e si è soffermato...

Alessandro De Felice

Tra i grandi campioni che stasera parteciperanno alla festa di Javier Zanetti a San Siro c'è anche un grande ex nerazzurro: Hernan Crespo. L'ex bomber ha raccontato le emozioni per l'evento di questa sera e si è soffermato anche sui temi del campionato:

Hernan, tutti con Zanetti per una grande serata di calcio: tantissimi campioni in campo. Da Baggio a Inzaghi, passando per Mancini e Baresi. Uno di quegli eventi che restano per sempre...

"Sicuramente. Principalmente l'occasione per vederci tutti insieme. Se poi lo si fa per beneficenza ha tutto un sapore diverso, speciale. Sono felice soprattutto di tornare a giocare a San Siro. Lo stadio sarà pieno e sarà divertente per noi e per il pubblico”.

A sfogliare questi nomi viene un po' di nostalgia per un calcio italiano che tra gli anni 90 e i primi dieci del nuovo secolo era pieno di campioni, di grande qualità. Cosa è cambiato adesso? Perché l'Italia non è più come prima?

“Perché manca... il dinero! (ride, ndr). Penso che il problema sia proprio quello. Una volta l'Inter andava dal Barcellona e pagava la clausola rescissoria per prendere Ronaldo. Oggi quale società italiana può andare a prendere Messi? Si spiega così. Prima, anche quando giocavo io, i grandi del calcio mondiale volevano venire in Italia. C'erano le possibilità economiche, si poteva spendere. Si acquistavano i campioni e si portavano in Serie A. Oggi non è più così. Si può fare comunque un bel calcio, ma non è la stessa cosa. Però credo siano fasi, momenti. Non penso sia un problema insuperabile. Bisogna vivere questo momento così, le cose cambieranno. E comunque c'è la Juve tra le prime quattro d'Europa e Napoli e Fiorentina in Europa League. Questi sono bei segnali”.

Tu come Zanetti, argentini ma in fondo anche italiani. Un legame sempre molto forte. A voi argentini spesso e volentieri il compito di essere leader delle squadre italiane. Come ti spieghi questa unione così salda?

“È vero, è sempre stato così. Parlo per me, ma vale anche per altri argentini. Ci sentiamo anche italiani. Lo dico sempre: non mi toccate il mio paese, l'Argentina e nemmeno l'Italia. Quando parlo di lei dico “noi” perché mi sento italiano. Penso che quando un ragazzo arriva giovanissimo nel nostro paese instaura un legame profondo. Non tanto i primi anni, ma quando comincia a diventare adulto. C'è sintonia, si vive e si lavora bene. Io ho a cuore l'Italia e non a caso ho sposato un'Italiana, vivo qui e sono felice. Così anche tanti miei amici ed ex compagni”.

Chiusa una carriera straordinaria da giocatore hai cominciato quella da allenatore. Con la situazione disastrosa del Parma hai ancora la tua Primavera in corsa per i play off: un campionato prestigioso. Ci spieghi come hai fatto?

“È stato un anno difficile, terribile per certi versi. Non era facile, perché se la prima squadra ha risentito parecchio dei problemi societari il settore giovanile poteva farlo a maggior ragione. Il nostro obiettivo era essere competitivi fino alla fine e aiutare per quanto possibile la società e la prima squadra. Negli ultimi anni il Parma non è mai stato cosi vicino ai play off, e abbiamo portato tanti giovani in panchina con Donadoni. Sono risultati importanti, che ci hanno dato fiducia e conforto in questi mesi difficili”.

Quale il segreto? Hai creato un feeling speciale con questi ragazzi

“Penso che sia la sincerità. Io quando giocavo chiedevo solo la verità. Parlare chiaro, dire le cose come stanno. Per un giocatore fare panchina e tribuna e difficile, so cosa significa. Ma lo affronti bene se hai degli interlocutori sinceri, che ti dicono le cose come stanno. È quello che faccio io: parlare chiaro, in modo diretto. Questo ha aiutato i ragazzi a capire la situazione e dare il massimo anche in un periodo difficile”.

Intanto il tuo Chelsea ha vinto un altro campionato. Tu che hai vinto la Premier e la Community Shield sei stato uno dei primi campioni acquistati da Abramovic

“Sono contentissimo. È proprio vero che quando sei stato “blue” lo resti per sempre. Sono felicissimo per i miei ex tifosi. È stata un'esperienza bellissima per me a Londra: quando sono arrivato era cominciata da poco l'era Abramovic e la squadra veniva da alcuni anni difficili. Ora le cose sono diverse, sono sicuro che il Chelsea vincerà ancora e tanto”.

In nazionale, invece, resti sul podio dei più forti: Batistuta miglior marcatore di sempre, Messi e poi ci sei tu con 35 gol. Sei davanti anche a Maradona... ti basta o potevi fare di più?

“Ah sì, ma davanti a Diego solo in quel dato eh (ride, ndr). Scherzi a parte è un onore per me essere su quel podio. Sono soddisfatto della mia carriera, non penso ai rimpianti. Bati è primo con merito, lui è stato il cannoniere per definizione. Giocava sempre ed era lì dove serviva un grande attaccante, è un grandissimo campione. Io ho avuto qualche infortunio e non sempre sono stato titolare, ma va bene così. Poi davanti a me c'è Messi che è semplicemente troppo. Quindi giusto così”.

E il tuo erede chi è?

“No, non mi piace questa definizione. Io sono Crespo, Pipita è il Pipita, Tevez è Tevez e via dicendo. Ognuno è diverso, non ci sono eredità da raccogliere”.

Hai citato Tevez e Higuain... chi è più forte dei due? Chi più leader?

“Carlitos ha una grande esperienza, una carriera importante. Ha vinto tanto ed è stato un giocatore importante a Manchester. Higuain è il punto di riferimento del Napoli, in azzurro è lui il leader. Diciamo che Gonzalo è alle prime armi come leader, Tevez è uno che ha esperienza. Sul chi è più forte è una domanda difficile, però posso dire che vedo Higuain fare delle cose incredibili. A Napoli è scatenato e mi impressiona per quello che fa”.

Con Tevez e Higuain l'Argentina poteva vincere il Mondiale?

“Ma poi chi andava fuori? Messi, Aguero, Lavezzi? L'attacco dell'Argentina era molto forte. Tevez veniva da un periodo difficile, ha pagato la fortissima concorrenza e anche la situazione complicata nel City negli anni scorsi. Era un giocatore che doveva ritrovare la sua dimensione. Forse ha pagato anche questo”.

Il tuo futuro invece? Sei pronto per una panchina “vera”?

“Porterò il Parma Primavera a completare la stagione, dopodiché la mia esperienza sarà chiusa. Aspetto di sapere cosa sarà della società: in ogni caso ho ancora un contratto con loro. Ho ricevuto offerte dall'Italia e dall'estero, valuterò. La Serie A? Magari, mi piacerebbe tanto. Potrei, ma quello che posso dire è che sicuramente mi sento pronto”.

Inzaghi, Mancini, ma anche Simeone e Montella. Allenatori giovani come te. Come si affronta il debutto nel grande calcio?

“Io ho fatto un percorso cominciato già qualche anno fa e proseguito con la Primavera. Porto la mia esperienza da calciatore nel ruolo di allenatore. A volte vorrei giocare anche io, ma non posso. Però questo mi fa capire cosa vuol dire andare in panchina e in tribuna. Si è in sintonia con i giocatori. Ma a un allenatore giovane serve fiducia. Abbiamo visto Montella e Mancini cosa sono diventati. Simeone invece è stato rispedito in Argentina ed è ripartito da lì: ora tutti lo vogliono”.