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Del Piero: “Calciopoli una bomba atomica: nel 2006 si è rotto il calcio e i campioni sono andati via”

Così l'ex bianconero ai microfoni della Gazzetta dello Sport

Daniele Vitiello

Alessandro Del Piero ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni della Gazzetta dello Sport. Questi alcuni stralci della chiacchierata: "Napoli, Olympiacos e Inter in una settimana? La Juve ha bisogno di dare uno strattone. Servono quelle due o tre partite che ti danno la sensazione di essere tornati. Allegri sta aspettando questo momento».

Le lacrime di Buffon cosa le hanno lasciato dentro?

«Tanta tristezza. Gigi ha mostrato per l’ennesima volta la sua grandezza. Quando parla dei sogni dei bambini centra uno degli aspetti più significativi. Io ricordo bene il Mondiale dell’82, avevo otto anni. Non abbiamo ancora metabolizzato l’eliminazione, che però è la fotografia del nostro calcio».

La qualità individuale viene prima del modulo e della tattica: l’eliminazione dell’Italia ci lascia almeno quest’insegnamento?

«E’ uno degli insegnamenti. Un insuccesso come questo evidenzia più falle, non una sola. Serve un grande esame di coscienza, anche da parte dei club».

Dal 1982 (primo Mondiale dopo la riapertura delle frontiere) al 2006 l’Italia è sempre stata forte, a prescindere dai risultati. Cosa è successo dopo, anche a livello di club?

«Calciopoli è stata come una bomba atomica: nel 2006 si è rotto il calcio. E non mi riferisco solo alla Juve. Da quel momento i grandi campioni sono andati a giocare all’estero e le altre nazioni sono cresciute esponenzialmente: la Premier è esplosa grazie alla bravura nella gestione dei vari brand all’estero e alla cessione oculata dei diritti tv; Real e Barcellona sono andati avanti con le rispettive politiche societarie; la Germania ha completato il percorso iniziato quando le fu assegnato il Mondiale del 2006; perfino in Francia sono arrivati grossi investitori stranieri a trasformare club come Psg e Monaco. L’Italia, invece, è crollata. Poi la Juve ha iniziato la risalita e il Napoli sta facendo un cammino importante».

Nei settori giovanili vengono privilegiati i ragazzi forti fisicamente rispetto a quelli tecnici: è quello il primo errore?

«Quando ero a Padova pesavo 67 kg e mi dicevano che se non arrivavo a 80 non avrei potuto giocare in A. Adesso che non gioco più peso 80 kg... In Spagna guardano solo se sai giocare a pallone, in Italia purtroppo seguiamo logiche contrarie alla mia idea di calcio».

Ma qual è la verità: non siamo così scarsi come è sembrato nell’ultimo periodo oppure non ci eravamo davvero resi conto che siamo scarsi?

«Bella domanda. Di sicuro possiamo essere migliori. Anche adesso».

Sarà sfida-scudetto a quattro squadre fino alla fine o qualcuno si perderà per strada?

«Speriamo restino tutte in corsa. Sarebbe divertente».

Al Mondiale tiferà Australia?

«Ci sono tante squadre simpatiche. L’Australia, l’Islanda che ci ha rubato il cuore, il Perù. Sarà divertente tifare per una squadra diversa ogni giorno».

La sua social biography si chiama «Detto tra noi», titolo confidenziale. E allora, detto tra noi, la Juve è ancora favorita per lo scudetto?

«Sì, ma non come l’anno scorso».

Sempre detto tra noi, cosa risponderebbe a un’eventuale chiamata della Federazione?

«Non ho il numero memorizzato, quindi lascerei squillare. Poi, se dovessero lasciarmi un messaggio, lo ascolterei».

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