Da quando Giovanni Malagò è stato eletto alla presidenza del Coni, la Figc è finita nell'occhio del ciclone. Prima Malagò se l’è presa con l’immobilismo della Figc in materia di riforma della giustizia sportiva (che è di pertinenza del Coni); poi ha imposto il minuto di silenzio negli stadi in memoria del senatore Andreotti e martedì ha sposato la linea Blatter sulla questione del razzismo negli stadi, sapendo che la Figc si era già schierata con la linea indicata dall’Uefa, che ratificherà le modifiche del quadro normativo il 24 maggio.Ieri, al Consiglio del Coni, è stato Alfio Giomi, presidente della Federatletica e grande elettore di Malagò, ad attaccare il calcio, nonostante l’assenza di Abete, ad Amsterdam per impegni Uefa. Giomi ha chiesto al Consiglio di rivedere i parametridi distribuzione dei contributi statali alle federazioni: «Ad oltre 10 anni dalla fine del Totocalcio, e dell’autonomia economica dello sport, perché deve esserci una federazione al di sopra e al di fuori di tutte le altre federazioni?». Giomi contesta i 62 milioni di euro che spettano al calcio. Nel 2012, il contributo statale è passato da 447.8 milioni di euro del 2011 ai 408.9; la Figc è passata dai 78.570 milioni del 2011 a 62.541, con un taglio del 20,4%. Quello che Malagò e Giomi non hanno detto è che nemmeno un euro di questi contributi è destinato al calcio di vertice, mentre le sole società di serie A versano al Fisco un miliardo di euro all’anno. Più del doppio dei contributi che il Coni riceve dallo Stato.
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