L'attaccante Luca Garritano, classe 1994, è a metà tra Inter e Cesena con cui ha vinto i playoff di B. Ai microfoni del quotidiano calabrese il 'Garantista' ha parlato ampiamente del suo momento e di un possibile ritorno in nerazzurro:
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Garritano: “All’Inter fuori squadra un mese: ecco il motivo. Sogno tanto il ritorno”
L’attaccante Luca Garritano, classe 1994, è a metà tra Inter e Cesena con cui ha vinto i playoff di B. Ai microfoni del quotidiano calabrese il ‘Garantista‘ ha parlato ampiamente del suo momento e di un possibile ritorno in...
Garritano, non è che adesso si è montato la testa?«No, state tranquilli. Dopo innumerevoli sacrifici a mille chilometri da casa è l’ultima cosa che farò. L’immagine dei 20enni che giocano a calcio di questo periodo è un po’ distorta».
Il punto di riferimento è Balotelli…«Ma non tutti guadagnano quelle cifre e poi chi da ragazzo non ha commesso qualche errore? Anche io a volte mi sono reso conto di aver esagerato, l’importante è restare umili. All’Inter successe che tornai tardi dopo essere scappato dal convitto per andare in discoteca. Mi scoprirono sbattendomi fuori squadra un mese: la lezione mi servì».
Come è finito al Cesena?«Tutto iniziò nel 2011. Io e Caldirola rientrammo nell’operazione Nagatomo. La metà dei nostri cartellini passò ai bianconeri che li valutarono globalmente un milione e mezzo. L’anno scorso, poi, cambiai maglia».
Era il suo momento, in ritiro le tremavano un po’ le gambe? «Ero un po’ preoccupato, lo ammetto. Sono stato fortunato a trovare un allenatore e un gruppo che hanno favorito il mio inserimento. Il direttore Foschi è un tipo particolare, ci teneva a fare bene nella sua città e non ci ha mai caricato troppo di aspettative. Forse è per questo che la conquista della Serie A ha un valore inestimabile».
Che rapporto ha avuto con Bisoli?«Bisoli è un sergente di ferro, pretende che durante la settimana i suoi uomini diano tutto. Io ho cercato di accontentarlo per ogni cosa ed i risultati si sono visti».
Lo ha mai fatto arrabbiare?«Sì, ma per questioni sportive. Giocai male un tempo con la Ternana, mi beccai una strigliata negli spogliatoi davanti a tutti e rimasi in panchina nella ripresa. Cose che capitano».
Esiste ancora il nonnismo nel calcio? «Io non l’ho avvertito. All’Inter Zanetti e Cambiasso mi davano spesso consigli. Potevano far pesare la loro influenza nello spoglatoio, i loro trionfi e la loro storia, ma non ci pensavano nemmeno. Al Cesena ripeto che c’era un gruppo splendido e compatto: si remava in un’unica direzione».
Quanto le piacerebbe tornare all’Inter? Ha un contratto fino al 2018. «Tanto, ma perché vorrei rivivere in prima squadra le emozioni vissute nel settore giovanile. Ho vinto due scudetti e disputato la Next Generation nell’anno in cui abbiamo trionfato a Londra. Ricordo che Victor Fischer dell’Ajax era già un talento all’epoca, ora non oso immaginare cosa sia diventato. A Lisbona contro lo Sporting segnammo, restammo in dieci e ci chiudemmo come si faceva una volta a difesa del portiere. Passammo il turno e festeggiammo, del resto disputavamo la Champions dei ragazzi».
Se non dovesse essere l’Inter potrebbe essere l’Udinese del suo mentore Stramaccioni?«Notizie di mercato di cui non so nulla».
Magari le sanno i suoi agenti Piccolillo e Piraino. La cerca anche il Chievo, in B ci sono Entella e Pescara...«Guardi, posso soltanto dire che l’auspicio è restare in Serie A per giocarmi le mie carte. E’ vero che tra i cadetti probabilmente avrei maggiore spazio, ma anche solo 15 presenze nel massimo torneo nazionale avrebbero unpeso specifico differente. Potrebbero cambiarmi la vita se sfruttate a dovere. Posso spendere una parola per i miei procuratori però?».
Prego, faccia pure.«Gerry e Daniele per me sono degli amici. Ci sentiamo spesso, soprattutto per questioniextracalcistiche. Mi sono stati sempre vicini, non smetterò mai di ringraziarli».
Ci descriva il primo gol della carriera.«Eravamo a Castellammare di Stabia, ho tirato in porta dopo un uno-due con Succi. Gonfiare la rete ti riempie la gioia. Il secondo centro invece fu contro l’Avellino dal dischetto. I rigoristi erano tutti fuori e toccò a me».
E’ più un esterno o una seconda punta? «Nel 4-2-3-1 giostro alle spalle del centravanti, invece nel 4-3-3 mi dirottano sulla sinistra».
Pensa ogni tanto alla Calabria? «Sì, quando torno mi fa rilassare. Purtroppo non sono riuscito a godermela da ragazzino, ma non appena ho del tempo libero mi fa piacere rientrare. Saluto tanti amici, mio cugino è il capitano del Cosenza (Manolo Mosciaro, ndr). Dal punto di vista sportivo credo invece che qui non si investa sui giovani. Ilproblema è da estendere all’intera nazione, ma nella nostra terra appare più evidente».
Dei tanti calabresi che si sono affermati nel tempo, a chi si ispira?«A Gattuso. Con la grinta e la volontà ha sopperito ai limiti tecnici, è la testimonianza che il lavoro paga».
Senta, chi vincerà i Mondiali?«E’ una bella lotta, l’Italia di Prandelli è uscita non solo per colpa di Balotelli come leggo in giro. Le responsabilità sono da distribuire meglio. Un giorno, chissà quando, sogno di giocarla io la Coppa del Mondo. Vi immaginate?».
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