È difficile e ingeneroso raccontare un mito, una leggenda, un pezzo di storia del calcio e dello sport senza averlo conosciuto. Senza averne potuto apprezzarne le gesta, conoscerne la personalità, coglierne con gli occhi dal vivo la sua grandezza. Immaginatevi, poi, quanto lo debba essere per dei figli raccontare il proprio papà, un papà mitico, senza averlo vissuto.
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Inter, 50 anni fa la scomparsa di Picchi: “Capitano, pezzo di storia del calcio”
Il 27 maggio 1971 si spegneva il capitano della Grande Inter, una delle leggende della storia nerazzurra: il ricordo del club
Non c'è altro rimedio se non quello di affidarsi ai ricordi, alle testimonianze, ai racconti di chi quell'uomo lo ha conosciuto, di chi ci ha vissuto al fianco. Di chi ha potuto apprezzare ogni minuto di quella vita intensa e così breve, neppure 36 anni.
Armando Picchi. Se ne andava 50 anni fa, alle 4 del mattino del 27 maggio 1971. Sette anni prima, esattamente sette anni prima, il 27 maggio 1964, al Prater di Vienna, sollevava al cielo la prima Coppa dei Campioni della storia dell'Inter. E sui giornali strappava un 10 in pagella: lui, il capitano e libero della Grande Inter di Herrera, aveva imbrigliato i vari Puskás, Gento e Di Stéfano.
Uomo corretto e fiero. Rispettoso e rispettato. Intuitivo e ironico. Carismatico. Mettiamo in fila i pensieri, gli scritti, gli aggettivi che tutti hanno sempre usato per raccontarlo. Di una straordinaria personalità e bontà d'animo, dal fare spigliato e sicuro. Infondeva fiducia e vitalità. Queste ultime parole sono di Tarcisio Burgnich, suo fedele compagno di squadra, che si è spento ieri, in un filo della storia nerazzurra che si annoda e si snoda, ancora oggi a distanza di tanti anni, nel mese di maggio, nei giorni che ricordano proprio i successi di quell'Inter mitica e leggendaria.
Armando Picchi. La maglia numero 6 e la fascia bianca al braccio. Una tempra unica. Una fisico statuario a riempire quella maglia girocollo di lana, nerazzurra. Direttore della difesa, allenatore nato. Le sue mani si posavano sulle spalle dei compagni con la stessa gentilezza e fermezza con le quali sollevava i trofei nerazzurri. "Un comandante, più che un capitano. Un uomo di coraggio, dentro e fuori dal campo": la voce è di Sandro Mazzola.
Sono passati 50 anni. Le parole, le foto, i filmati non sono sufficienti a colmare questo vuoto. Però consolano, almeno in parte. E rendono orgogliosi.
(inter.it)
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