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Condò: “L’Inter di Inzaghi è uscita dalla nebbia. Non è più la squadra di Conte”

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I nerazzurri, dopo il successo contro il Napoli, si sono portati a 4 punti dalla vetta, pienamente in corsa per lo scudetto

Fabio Alampi

Paolo Condò, nel suo editoriale per Repubblica, ha analizzato la trasformazione dell'Inter dopo il passaggio da Antonio Conte a Simone Inzaghi: "Gli eventi societari seguiti alla conquista dello scudetto, dall'addio di Conte alle cessioni di Hakimi e Lukaku, avevano avvolto l'Inter in una nebbia di dubbi che non poteva dissolversi nel giro di poche partite. Occorreva lasciare a Simone Inzaghi – una scelta e non una scommessa, visti i risultati raccolti nel lungo ciclo alla Lazio – il tempo per crescere una squadra nuova. Il piccolo equivoco di questi mesi, infatti, è stato quello di considerare l'Inter campione una formazione che per ragioni di forza maggiore era stata costretta a una serie di sostituzioni, ma cercando di non mutare il proprio volto: Inzaghi per Conte, Dzeko per Lukaku, Dumfries per Hakimi, Dimarco per Young e, dopo la grande paura di giugno a Copenaghen, Çalhanoglu per Eriksen. Presi uno per uno tutti cambi peggiorativi, se non fosse che soltanto l'ultimo – questo sì forzato, purtroppo – obbediva alla logica del pezzo simile a quello perduto.

Per quanto fatto vedere in carriera Eriksen era superiore a Çalhanoglu, ma parliamo di carriera precedente alla sua esperienza interista: qui il danese aveva trovato un compromesso con Conte soltanto nel girone di ritorno dello scorso campionato, e pur senza ripetere le grandi giocate del Tottenham aveva aggiunto al centrocampo la qualità necessaria per la fuga decisiva. Non a caso prima degli avvenimenti estivi si pensava che un ulteriore coinvolgimento di Eriksen sarebbe stato l'upgrade della terza stagione di Conte. Nella nuova situazione il turco, dopo una serie di alti e bassi, si sta impadronendo del ruolo in un modo che non disturba la regia generale di Brozovic (con Eriksen all'inizio capitava).

Ma è l'ispirazione complessiva a essere cambiata, perché Lukaku ha caratteristiche di corsa troppo esclusive per pensare di surrogarlo: e quindi non è stato Dzeko a sostituirlo ma, facendo cose molto diverse, Lautaro. Abbiamo sostenuto più volte che ricordi Agüero, prima punta tascabile ma sempre prima punta. Dzeko gli girava attorno con profitto ai tempi del Manchester City, semmai è questa la vera sostituzione. Quella del tandem.

Il rimpiazzo dell'irrimpiazzabile Hakimi è l'affidabile Darmian, non Dumfries che, partendo da mezzi atletici strepitosi, è stato doverosamente iscritto alla prima elementare di scuola tattica. Young, infine, aveva già ceduto il posto al rifiorito Perisic nel ritorno dell'anno scorso. L'insieme di queste successioni ha prodotto un'Inter nuova, che non arriva di slancio nella metà campo avversaria ma la riempie stabilmente, e malgrado la perdita di alcuni campioni viaggia su numeri pressoché identici a quelli dell'anno scorso in serie A, e molto migliori – domani deve essere la sera della blindatura ottavi – in Champions. La vittoria sul Napoli ha accorciato di brutto la classifica rendendo trasparente un processo già in atto.

Del resto con la Lazio aveva perso per l'ingenua pretesa di fermare il gioco, con la Juve aveva pareggiato per un rigore episodico, col Milan non aveva vinto per le occasioni mancate… una serie negativa che da tempo annunciava la sua conclusione. Non tutto fila ancora liscio, certo: i finali di gara continuano a essere troppo emozionanti, match col Napoli compreso. Ma se è vero che a un terzo di campionato sette punti di distacco non erano un dramma, la riduzione a quattro è una finestra su un panorama liberato dalle nubi".

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