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J. César: “Adesso la mia casa è Lisbona. Trattato male dal QPR. Il 7-1? Ancora oggi…”

L'ex portiere dell'Inter si racconta nel programma Spectacular di Sport

Gianni Pampinella

In una lunga intervista concessa al programma "Spectacular di sport", il canale televisivo brasiliano di Globoesporte, Julio César affronta vari temi. L'ex portiere nerazzurro vuole continuare la sua avventura al Benfica nonostante le offerte da Brasile e Turchia: "Non penso di tornare in Brasile. Penso di andare lì, ma per visitare parenti e amici. Ho sicuramente deciso insieme a Susana [ la moglie] e i miei figli che la nostra casa è qui a Lisbona. Sono in un grande club, mi è tornato il sorriso. Mi sento il giocatore più felice del mondo. La città è meravigliosa. I portoghesi sono carismatici, caldi, hanno una meravigliosa cucina. E' il miglior paese per vivere e la migliore città per vivere".

EDERSON: "Mi sento bene in allenamento. Ho avuto poche opportunità perché Ederson ha fatto un ottimo lavoro. Chi lo sa, con lui venduto ad un altro club (il Manchester City, ndr), ho di nuovo l'opportunità di giocare più spesso nel Benfica e fare una buona stagione. Manca ancora un anno ai Mondiali. Chi lo sa cosa potrebbe accadere in futuro? Non potrò mai rinunciare alla Nazionale brasiliana, non rinuncerò mai a giocare, non voglio rinunciare a fare quello che amo di più".

7-1 CONTRO LA GERMANIA: "Non voglio mentire. A volte, quando mi corico, non posso fare a meno di ricordare. Dopo quella partita contro la Germania, ho incontrato lo staff tecnico ed i giocatori della Nazionale e praticamente ho detto addio al calcio. Ero sconvolto in quel momento e non riuscivo nemmeno a pensare. La mia famiglia era lì e l'ha trovato folle. Mi hanno detto che ero troppo giovane, avevo ancora molti anni davanti a me nel mondo del calcio. Poi c'è stato un ripensamento, non volevo tornare nel mio club che in quel momento era il Queens Park Rangers, mi aveva trattato molto male nel corso dell'ultimo anno. C'era stata una mancanza di rispetto nei miei confronti. Dopo quella tragedia, avevo deciso di smettere di giocare, ma grazie a Dio non mi sono fermato. Sono venuto in un paese meraviglioso, una città meravigliosa, una squadra incredibile con una struttura molto buona".

CARRIERA: "Vedo una brillante carriera. Un ragazzo per il quale il calcio ha dato molto, non solo i titoli e il prestigio, ma anche a livello umano. Penso che il calcio mi ha aiutato a formare una bella famiglia, aiutare i miei genitori, i miei fratelli. Quello che mi tocca di più quando mi guardo indietro è questo: tutto quello che ho vinto e tutto quello che ho dato ad altre persone che mi vogliono bene. Oltre agli amici che ho fatto nel mondo del calcio. Nel calcio, si passa molto tempo nel tuo club. A volte si passa più tempo a vivere il calcio che a casa".

(Globoesporte)

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