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Mauro: “Conte, perché il Tottenham? Una cosa non si discute di Antonio”

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La forza e i segreti di Antonio Conte. A parlarne è Massimo Mauro, ex giocatore della Juve e ora opinionista

Alessandro Cosattini

La forza e i segreti di Antonio Conte. A parlarne è Massimo Mauro, ex giocatore della Juve e ora opinionista. Ecco le sue parole a La Gazzetta dello Sport sull’ex allenatore dell’Inter, ora al Tottenham: «Io provocatoriamente dico sempre che il tecnico conta il 25-30 per cento, proprio per sottolineare che i calciatori non possono diventare pedine all’interno dei “disegni” di chi è in panchina. È uno dei problemi della scuola degli allenatori, che però così facendo sono diventati quasi più importanti dei giocatori. Ma Guardiola riconosce che senza Messi la sua storia sarebbe stata diversa».

Le vittorie di Conte invitano a rivalutare quella percentuale?

«Si possono discutere tante cose, ma poi c’è il dato oggettivo che lui ha sempre vinto, sia quando ha avuto i campioni, sia quando non tutti in rosa erano campioni, ma pure giocatori normali. Ha l’abilità di tirare fuori il 110 per cento da tutti. E di non sbagliare la cosa che veramente conta per un allenatore».

Cioè?

«L’approccio psicologico, l’approccio nervoso: come un giocatore arriva alla partita. Come parlare, che cosa dire, come far arrivare la testa dei tuoi uomini al match è fondamentale: ogni tecnico ha i suoi metodi, quello di Conte funziona».

C’è chi dice che “tiri troppo la corda” con i giocatori, e per questo non possa fare cicli lunghi. D’accordo?

«Magari stressa i rapporti e viene quasi “odiato” dai suoi, però poi gli effetti in campo si vedono. Ed è stato sempre così, sia alla Juve che all’Inter: una cosa che ha un valore enorme. Piuttosto a me non piace il fatto che abbia sempre litigato nelle società in cui è stato. Io credo che il tecnico debba essere allineato con il club: un presidente prima di prenderlo ormai sa che gli toccherà litigare. Però sa anche che probabilmente vincerà, perché Conte è diventato un allenatore che sa come vincere».

Panchina d’oro meritata?

«Ha vinto il campionato, lo ha fatto in una società che non vinceva da tantissimo tempo, interrompendo il dominio della Juve che era il suo “nemico” dichiarato. Diciamo che ha mantenuto tutte le premesse. Sì, meritata».

Averlo in Italia in questo momento di crisi aiuterebbe il movimento?

«Non ho capito tanto la scelta di andare all’estero e al Tottenham, anche perché aveva sempre detto che non sarebbe subentrato in corsa. Sicuramente i professionisti di alto livello aiutano. In questo momento però servirebbero ancora di più istruttori e dirigenti di altissimo profilo, per tornare a costruire dai settori giovanili, dove bisogna insegnare a stoppare la palla, a dribblare, a tenere la testa alta, non a correre e far a botte con l’avversaro diretto». 

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