Mai come in questa stagione, i vertici arbitrali (Nicchi, presidente Aia, e Braschi, designatore di A) hanno dimenticato che sono chiamati a offrire un servizio (ben retribuito) e hanno dimostrato di essere unici in fatto di arroganza. Basti ricordare quando nel 2012 si discuteva della riduzione del numero dei consiglieri federali e si era parlato di sacrificare la componente Aia, Nicchi aveva urlato: «È una vergogna». Poi Nicchi si è permesso di consigliare a Moratti, che aveva criticato l’arbitro Gervasoni (7 aprile 2013), «di lasciare il calcio, se non credenell’onestà degli arbitri». Poi Nicchi ha commentato anche i troppi stranieri nel calcio e l’ipotesi della Fifa di aprire all’uso della moviola a bordocampo, condannando entrambe. Nicchi interviene su tutto e, come quando arbitrava, quasi sempre fuori tempo. Non richiesto, ha dato il benservito a Braschi con cinque mesi di anticipo, annunciando che a luglio non sarebbe stato riconfermato come designatore, dopo quattro stagioni, «perché le regole vanno rispettate». Si è già aperta la battaglia per la successione: l’erede naturale sarebbe Roberto Rosetti, ma Nicchi punta su Messina o Farina, perché hanno personalità meno ingombranti. Nel frattempo sta già lavorando per cambiare le norme in vigore e strappare un terzo mandato da presidente; ha azzerato l’opposizione nei Comitatiregionali e non accetta posizioni in dissenso.
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Nicchi campione del mondo di arroganza. Parla sempre e a sproposito
Mai come in questa stagione, i vertici arbitrali (Nicchi, presidente Aia, e Braschi, designatore di A) hanno dimenticato che sono chiamati a offrire un servizio (ben retribuito) e hanno dimostrato di essere unici in fatto di arroganza. Basti...
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