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Panucci: “Roma, un errore non ci sia uno Zanetti in dirigenza. Mi fa ridere…”

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Intervistato dal Corriere dello Sport, l'ex giocatore ha parlato della finale di Conference League tra la Roma e il Feyenoord

Gianni Pampinella

Intervistato dal Corriere dello Sport, Christian Panucci ha parlato della finale di Conference League tra la Roma e il Feyenoord. "Nelle finali contano i dettagli: un passaggio, una diagonale. Da romanista tiferò alla morte, sperando che si riesca a battere il Feyenoord e a festeggiare tutti insieme. Serve la tensione giusta per non complicarsi la vita. Concentrazione ok, nervosismo no".

Mourinho con la sua mentalità può essere il valore aggiunto? 

«José ha l’esperienza necessaria per gestire la situazione. Mi auguro che riesca a trasferire ai calciatori la giusta tranquillità». 

Perché la Roma non ha più vinto dopo il 2008? 

«Bisognerebbe chiederlo a chi l’ha gestita dopo... (ride, ndr). Se riflettiamo, in questo club sono passati diversi giocatori che poi hanno vinto la Champions League altrove. Però è anche vero che la Roma ha trovato sulla propria strada una grande Juventus. E ora le milanesi». 

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Alla Roma non servirebbe un dirigente che conosca bene l’ambiente, la città, le dinamiche interne? 

«Per me sì. E’ un errore che non ci sia un Maldini, uno Zanetti, un Nedved. Ci vorrebbe soprattutto qualcuno che vuole bene alla Roma. Potrebbe dare una mano ma non so quanto Mourinho sia d’accordo. José è un accentratore ed è giusto che sia lui a gestire le cose». 

Alla Roma quanto manca per tornare ai vertici? 

«Penso che ci vogliano quattro o cinque acquisti. Gente pronta a vincere subito. Ma credo che la strada intrapresa sia giusta, Mourinho ha creato un’empatia incredibile con i tifosi. Ha trovato pazienza, che di solito nel calcio non c’è». 

Mourinho ha spesso detto che non è possibile giocare ogni tre giorni se non hai due giocatori per ruolo. 

«La differenza tra buoni calciatori e campioni è proprio qui. I giocatori importanti non riposano quasi mai. Mi fa ridere quando sento parlare di esigenze di turnover. Nel Milan giocavamo 50 partite all’anno senza alcuna fatica. E’ una questione di categorie, non di tenuta fisica».  

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