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Tommasi: “La cultura degli Stadi va cambiata. Sbagliato punire a caso…”

Damiano Tommasi ne ha viste tante in campo e fuori, ma uno stadio chiuso per un coro proprio no. Ma mentre il mondo del calcio si spacca sulla squalifica di San Siro per il comportamento dei tifosi del Milan allo Juventus Stadium – il...

Francesco Parrone

Damiano Tommasi ne ha viste tante in campo e fuori, ma uno stadio chiuso per un coro proprio no. Ma mentre il mondo del calcio si spacca sulla squalifica di San Siro per il comportamento dei tifosi del Milan allo Juventus Stadium - il presidente di Lega, Maurizio Beretta, ha annunciato una lettera formale alla Figc per chiedere la revisione delle norme - il presidente dell’Assocalciatori (a margine della presentazione della nuova collezione di cards Panini «Calciatori Adrenalyn XL 2013- 2014») scende in campo in difesa del tifo sano. 

Tommasi, si può chiudere uno stadio per «discriminazione territoriale»?«È un tema difficile da affrontare. Se si dice una cosa sembra che si dia ragione a chi va allo stadio a far casino. Se se ne dice un’altra si rischia di penalizzare la maggioranza dei tifosi. Ma bisogna sintonizzarsi sulle norme europee per non avere sorprese quando le nostre squadre vanno a giocare all’estero».

Il clima dei nostri impianti è davvero così diverso dall’estero? «Sulle nostre tribune si dicono cose che fuori non ci si permetterebbe mai di dire. Anche il presidente della Camera l’altro giorno ha rimproverato i deputati dicendo: “Non siamo mica allo stadio”. Purtroppo nel nostro Paese il “non comportamento” da stadio viene dato per scontato».

Qual è il confine tra discriminazione e razzismo? «La base è il rispetto della persona. L’intolleranza non ci deve essere, ma nemmeno la generalizzazione. Quello che vogliamo è che vengano penalizzati solo quelli che si comportano male con la chiusura parziale di alcuni settori. Anche se non è facile identificarli».

Si deve cambiare il regolamento?«Non so se va cambiato oimparato. Di sicuro ci sono delle norme che hanno una finalità: quella di creare negli stadi il clima che si addice a un evento sportivo. Purtroppo siamo abituati male e dobbiamo cambiare rotta».

Il problema quindi è la tutela degli spettatori “veri”? «In questo momento - oltre a chi non potrà andare allo stadio perché sanzionato direttamente - paga anche chi paga il biglietto solo per godersi lo spettacolo sportivo. E anche per le società diventa un danno economico. Sicuramente la strada intrapresa da Uefa e Figc è precisa, bisogna capire come mantenerla e renderla efficace».

Ora le società sono ricattabili? «Anche prima c’erano le multe». Gli ultras, però, sembrano padroni del calcio. Come nel caso Evacuo... «Lo abbiamo evidenziato con il progetto dell’ Osservatorio “Calciatori sotto tiro”. Ci sono delle storture ormai diventate consuetudini: quandoa una tifoseria non va più bene un giocatore o i risultati stagionali, si lascia andare alle intimidazioni».

Il giocatore del Benevento è stato costretto a scusarsi.«La piazza fa pressioni perché la squadra di calcio èconsiderata un patrimonio della città. Oppure qualcuno si erge a “proprietario” solo perché ha l’abbonamento da tanti anni: si deve cambiare l’approccio del tifo».

Per troppo tempo, però, le società hanno coccolato gli ultras. È troppo tardi per cambiare?«Quando una squadra diventa questione di vita o di morte, le ingerenze sono tante. E per i singoli soggetti che gestiscono le squadre diventa complicato staccarsi o non mantenere un rapporto con le tifoserie. Ma non dimentichiamoche l’entusiasmo delle piazze più calde è fatto soprattutto dai tifosi che vanno allo stadio con intenti ben diversi dalla discriminazione. E questi vanno premiati».