Massimo Andreoni, docente di malattie infettive all’università Tor Vergata di Roma e direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive (SIMIT), ha rilasciato un'intervista al Corriere dello Sport.
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Il virologo Andreoni: “Il campionato può ripartire in sicurezza. E per gli eventuali nuovi positivi…”
Ecco il suo pensiero, riportaro al Corriere dello Sport
Esiste un altro modo, scientifico, per garantire la salute senza la spada di Damocle della quarantena?
«È solo un problema di test, occorre pianificare una batteria periodica di tamponi a cui sottoporre i giocatori. Una proposta fattibile e scientifica per riaprire il campionato in sicurezza per me è la seguente: test sierologici e tamponi prima di ripartire, tamponi prima di ogni partita e quarantena solo per i casi positivi, tenendo ovviamente tutti gli altri sotto stretto controllo medico per quanto riguarda sintomi di base: temperatura, tosse, raffreddore, cefalea, nausea, disturbi di olfatto e gusto. Lo staff sanitario della squadra dovrà tenere un diario clinico di ognuno, anche degli stessi sanitari e di chi lavora a contatto con la squadra. E quanto propongo non riguarda solo il mondo del calcio ma anche tutte le attività che impiegano più persone e che riaprono nella fase 2. Se c’è un operaio positivo in fabbrica che cosa accade? Si richiude la fabbrica per 14 giorni? O si trova un protocollo di sicurezza che però non porti a una fase 2 a singhiozzo».
Quindi è una proposta per una riapertura delle attività in sicurezza ma senza il rischio di stop continui di massa?
«Certo. Tenendo conto anche di differenze fondamentali tra le varie attività che ripartono: per esempio in fabbrica si avrà la mascherina e si rispetterà il distanziamento di sicurezza, nel calcio giocando una partita tutto ciò è impossibile. Ma mentre i calciatori potrebbero stare in un ritiro controllato che potrebbe garantire una limitazione dei contagi, i lavoratori di una fabbrica ogni giorno vanno e vengono da casa e incontrano familiari e altri nei mezzi di trasporto. Variabili da considerare».
In sintesi, che cosa accadrebbe quando un calciatore risultasse positivo dopo una partita? Quando si ipotizza una contaminazione?
«Isolamento per il positivo, tamponi e controllo attivo nei giorni successivi per tutti gli altri senza bisogno di isolarli. Se compaiono sintomi in qualcuno nuovi tamponi prima della partita successiva e controllare se c’è qualcuno infettato che è asintomatico. E questo non solo per il calcio ma anche nelle altre attività produttive. Gli asintomatici vanno intercettati e messi in quarantena».
Ma quanti giorni di controlli medici, di diario clinico dei negativi ma che hanno giocato con un risultato positivo?
«Basterebbe una settimana, ma due settimane è meglio. Eppoi perché non mantenere questo controllo attivo per tutto il periodo della coda del campionato, se non per tutto il tempo dell’emergenza Covid-19. In fine dei conti, avere il diario medico di ogni calciatore non è complicato e porta al 99% il controllo della situazione (in medicina il 100% non esiste) senza dover far scattare la quarantena per tutti. Ripeto: controlli semplici, temperatura corporea e comparsa di sintomi. L’importante è monitorare anche tutte le persone che gravitano attorno alla squadra, dagli operatori sanitari ai magazzinieri».
E i tamponi? Quando farli se non si applica la quarantena per tutti come da decreto del governo?
«Sicuramente un tampone a tutti il giorno prima della partita, e il giorno dopo ci fosse un caso positivo. Ma tranquilli, chi risulta positivo dopo essere stato negativo al tampone pre-partita difficilmente è altamente infettante, perché ancora in una fase da basso eliminatore di virus. Se c’è un positivo, inizia il monitoraggio delle persone che hanno giocato. Per contaminare altri, comunque, occorre una grande produzione di virus e non è certo il caso di chi risulta positivo il giorno della partita dopo essere risultato negativo ai tamponi precedenti. Ecco perché occorre abbondare in tamponi, il giorno prima di ogni partita è l’ideale».
Sicuro che senza quarantena per tutti il rischio che qualcuno si infetti resta lo stesso?
«Sì, se il sistema è molto ben monitorizzato, come detto. E questo dovrebbe valere per ogni attività che si vuole far ripartire. Se si ritiene che vi sono le condizioni per far riaprire le attività e far ripartire il campionato, lo si può fare senza rischi e senza l’obbligo di nuove chiusure temporanee».
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