editoriale

NON TUTTI LIBERI DI (S)PARLARE

Ci piace pensare che in una democrazia, professare la libertà di parola ed espressione, con onestà e coscienza, sia un diritto intoccabile. Nel calcio si è sempre parlato molto, la differenza che notiamo con il passare degli anni riguarda il...

Sabine Bertagna

Ci piace pensare che in una democrazia, professare la libertà di parola ed espressione, con onestà e coscienza, sia un diritto intoccabile. Nel calcio si è sempre parlato molto, la differenza che notiamo con il passare degli anni riguarda il linguaggio e la scenografia, sempre più evoluti e ricchi di effetti speciali. Non si tratta di un semplice espediente di contorno. Se in una trasmissione si finisce per discutere per un’ora di un rigore concesso, anche se inesistente, per di più con l’ausilio di movioloni, grafici e quant’altro, l’opinione pubblica assimilerà l’informazione in quanto tale. D’altro canto siamo diventati tutti più sospettosi e propensi alla dietrologia dopo la caduta del regime di calciopoli e gli stessi media ci tengono a far sapere che non sono al servizio di nessuno. Detto questo prima e dopo ogni partita i diretti interessati da una parte e i commentatori, giornalisti ed opinionisti dall’altra si apprestano a mettere in scena quella cosa irrinunciabile (per tutti noi che bazzichiamo nell’ambiente) comunemente chiamata Bar Sport. Nel calderone si trova un po’ di tutto: dall’analisi tecnico-tattica alla congettura che ha come parente più vicino il gossip. Ci sta tutto, nei limiti della decenza e dell’educazione, anche se ovviamente non tutto ciò che viene prodotto in questo senso è per forza interessante. Da quando l’extraterrestre Mourinho è atterrato sul pianeta italiano, improvvisamente, l’ambiente si è surriscaldato. Oggi un allenatore e un presidente possono tranquillamente affermare di fare il tifo per quella o per quell’altra squadra (oltre che, si spera, per la propria), senza sconvolgere più di tanto. E’ sempre stato così, intendiamoci. Solo che una volta si usava tenerlo per sé. E quindi via con Cobolli Gigli che nel derby meneghino tifa per i rossoneri e Moratti che tra Juve e Lazio opta senz’altro per la seconda. Tutti ormai parlano di tutti. Sul tecnico nerazzurro si sono espressi in tanti, da quelli che il calcio lo masticano a quelli che meglio leggersi un libro e lo stesso Josè ha sempre liberamente diramato la sua personale opinione in merito ai colleghi. In questo balletto, che può piacere o meno, vale la regola non scritta nessuno escluso. Se libertà deve essere, perché prendersela? Oggi a me, domani a te. Non è chiaro il messaggio di Ciro Ferrara, che invita Josè ad occuparsi dei fattacci suoi. In primo luogo perché il campionato è di tutti. A seguire perché i retroscena interessano e fanno audience. Ed infine perché esprimere un’opinione, in questo paese, è ancora considerato lecito. Poi l’opinione potrà anche essere giudicata poco interessante. Sinceramente preferiamo correre questo rischio. E concedere a tutti la libertà di (s)parlare.