editoriale

Si scrive Thohir

Glissiamo sul fatto che Evelina Christillin presieda un’associazione dal nome PR.A.TO., che nello specifico si occupa di Prevenzione dell’Anoressia a Torino, e che quindi l’uso del termine “ciccione” a titolo...

Sabine Bertagna

Glissiamo sul fatto che Evelina Christillin presieda un'associazione dal nome PR.A.TO., che nello specifico si occupa di Prevenzione dell'Anoressia a Torino, e che quindi l'uso del termine "ciccione" a titolo dispregiativo assuma in questo caso una valenza di non poco conto (grazie agli amici Interistiorg per la segnalazione). Dopo il "venditore di souvenir" che tanto faceva ridere i conduttori della trasmissione "Tutti convocati" di Radio24, siamo passati al "caccia il filippino" del presidente della Sampdoria, Massimo Ferrero (una dichiarazione che, secondo lui, sarebbe stata strumentalizzata). Ieri, infine, per non farci mancare nulla, abbiamo letto sull'Huffington Post (e quindi non su un becero aggregatore, che ormai rappresenta a detta di quasi tutti il male del mondo) un pezzo della Christillin su che cosa rimanga all'Inter dopo le dimissioni di Moratti. Ebbene, che cosa rimane all'Inter dopo Moratti? Un "piccolo ciccione indonesiano", un "Cicciobello a mandorla". La classe non è acqua e spesso non è in vendita, direbbe qualcuno (e poco importa che la Christillin abbia tardivamente corretto il tiro cancellando i suddetti insulti dall'articolo: nell'era del web basta uno screenshot e sei fregato per sempre).

D'altronde se il presidente della Figc aveva parlato di "mangiabanane" nel suo discorso di elezione (anche lui strumentalizzato, ovviamente) non si capisce chi, in questo caso, abbia l'immagine e l'autorità giuste per intervenire in un dibattito che tanti vogliono far passare da bar. L'Italia è un paese strano. Per un anno si sono chiuse curve per razzismo e discriminazione territoriale disegnando il perimetro dell'ignoranza intorno ai tifosi. Insistendo per avviare un processo di educazione dentro agli stadi. Poi, invece, "scopriamo" che è una pratica comune che viene naturale a molti. Ma guai a dire che è razzismo. Figuriamoci. Sarà satira, simpatia, cialtronaggine. Niente di pericoloso, insomma. Niente da condannare con troppa veemenza, quindi.

La cosa peggiore sono le spiegazioni che arrivano a valanga dopo la "battuta" di solito giustificata come "infelice". Avete strumentalizzato le mie dichiarazioni, non intendevo essere offensivo, si sente ribadire. Allora, o c'è un problema di lingua italiana per il quale vi affidate ad un lessico sbagliato (si chiama comunque ignoranza) o dobbiamo metterci d'accordo sul termine "offensivo". "Caccia il filippino" non è offensivo solo per la persona alla quale è stato associato il concetto, lo è anche per tutti i filippini perché sottende un preconcetto molto sgradevole. Ma la cosa peggiore non è nemmeno questa. La cosa peggiore è la mancanza di rispetto. Quella supponenza maleducata per la quale ancora oggi c'è gente che non riesce a scrivere Erick Thohir in maniera corretta. Che pensa che indonesiano, filippino o giapponese non faccia in fondo nessuna differenza. Che si permette di affermare su una testata giornalistica che è un Cicciobello a mandorla confidando forse nel fatto che venga da una giungla e che non sia quindi in grado di leggere queste perle di saggezza. La cosa più irritante è che ne parlano come se lui non ci fosse. Ma guai a strumentalizzare le loro innocenti intenzioni. Guai.

In fondo il nostro è un paese coerente. Abbiamo sdoganato l'ignoranza a qualsiasi livello. Non è necessario andare in curva per sentire i bu razzisti. E' sufficiente affacciarsi al mondo della politica o a quello delle cariche piene di poltrone e vuote di contenuti. Dare un veloce sguardo ai piani dirigenziali più alti di qualsiasi ambito della nostra lodevole società. Spesso nemmeno i giornalisti sono troppo innocenti (anche se la Christillin sembra non essere scritta all'ordine e quindi non le si può nemmeno consigliare di frequentare un corso di deontologia). Insomma, non risparmiamo nessuno: dall'immigrato che arriva in Italia alla ricerca di una possibilità all'imprenditore di successo che desidera investire. Uno straniero è pur sempre uno straniero. Che si chiami Erick Thohir e che sia il presidente dell'Inter, in Italia, non fa davvero nessunissima differenza.

Twitter @SBertagna