editoriale

W la fuga

Da troppo tempo mancava nella realtà dei tifosi interisti, inalienabile dal pensiero ma inattuabile nella realtà. Ma eccola, finalmente è arrivata lei, inattesa e perciò ancor più affascinante, irresistibile, la fuga. Quella che tutti i...

Lorenzo Roca

Da troppo tempo mancava nella realtà dei tifosi interisti, inalienabile dal pensiero ma inattuabile nella realtà. Ma eccola, finalmente è arrivata lei, inattesa e perciò ancor più affascinante, irresistibile, la fuga. Quella che tutti i calciofili annusavano, che ogni nerazzurro bramava, che anno dopo anno la stampa attende come il panettone a Natale. Ecco la prima fuga in Serie A e si sa, la prima fuga non si scorda mai. Generatrice di sogni e speranza la vittoria di Udine: sudata, unta, irsuta e falsamente facile come il punteggio farebbe intendere. Aprite i cancelli e slegate le briglie, su stampa e Web questa settimana la parola fuga ora avrà negli articoli e nei titoli la stessa densità che si può trovare in un Tawaf intorno alla Kaaba della Mecca. Ma finalmente ora la fuga scalda il cuore nerazzurro che la vive da dentro, da protagonista.

Una fuga interista è sempre una fuga speciale. Quella attuale ancor di più. È una splendida fuga con un total look marchigiano, studiato sfilata dopo sfilata da Roberto Mancini, che poco alla volta, senza stravolgimenti o ribaltoni, cambiando elemento dopo elemento dimostra che si può avere un risultato di eccellenza, come nel lavoro, nella vita, nei sentimenti, così anche, più modestamente, nel calcio. Cambiare poco, ma sempre, senza snaturare lo spirito granitico che deve caratterizzare il gruppo. Mantramancio. La politica dei piccoli passi e della incessante e ricercata diversità da finger football connota in modo eclatante la fuga dell’Inter in questo avvento di Campionato.

La fuga poi affascina sempre: la fatica per prepararla nascondendo le reali intenzioni, quindi attuarla e trovarsi solitari, davanti a tutti, di corsa, di forza, con l’affanno che piomba le gambe mentre ci si volta di continuo moltiplicando le energie per non scorgere più sagome dietro di sé. Ma la parola fuga può assumere tanti aspetti nella sua semplicità, velandosi e modificandosi senza snaturare l’essenza, anzi arricchendola di significati. E così la fuga interista diventa paradigma di una squadra cangiante.

Fuga è anche ruga, come quella che scava la fronte di Mancini nei momenti in cui la squadra soffre, una ruga che è solcata da una riga, che genera quel ciuffo ancora fiero e sprezzante, che dona al tecnico interista sicurezza così come la sua diga, costituita ed eretta da Miranda e Murillo, faraglioni che lasciano ai natanti avversari angusti e remoti pertugi ben poco esplorabili per essere valicati. Se non bastasse, dietro la diga si nascondono le dita salvifiche, di Handanovic, che chiudono i residui spifferi. Dalle dita alla vita, calcistica, riscoperta da Biabiany nel modo e nel posto più bello, ma anche la vita da giocatore titolare ritrovata da Montoya, che aveva il bagaglio a mano già nelle cappelliere dell'Airbus della Befana per Barcellona. La vita continua anche per chi andrà in gita, come qualche elemento in rosa che tra pochi giorni preparerà le valigie per far posto ad altri giocatori ritenuti maggiormente utili alla causa. Non andrà in gita invece la gota di Ivan Perisic, arrossata dalla fatica e dalla corsa in attesa delle sue frustate spaccadifese. Gota che si tramuta in nota, che con estrema disinvoltura gli arbitri segnano sul taccuino quando si deve ammonire un interista, sabato 3 nei primi 20 minuti. Ma la frequente nota non toglie che una squadra finalmente sia nata, dopo lunga gestazione e traversie, ora l’Inter c’è, esiste. È nata come la piccola Francesca qualche mese fa da Nara (Wanda), due pilastri di serenità necessaria al bomber ritrovato Mauro Icardi. Wanda Nara ha sicuramente una bellissima cara (in spagnolo faccia) che ora all'Inter però è quella epicomica di Brozovic, autore ieri di un gol splendido celebrato dai compagni col suo marchio di fabbrica. La cara nerazzurra deve però essere sempre e costantemente volta verso la prossima gara da disputare, che d’ora in avanti sarà sempre una finale. Ogni gara preparata dal guru di Jesi, finora ha zittito l’Italia criticona e gufa che sicuramente non crederà in questa Inter. Chissà, magari avrà ragione, ma il popolo interista per adesso si gode la sua gran bella fuga.