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Sabatini: “L’allenatore è la vera guida. Giocatore intelligente? O’Neill era un fenomeno…”

Il dirigente di Suning Group ha parlato della sua visione del calcio e di alcuni giocatori avuti sotto la sua gestione

Andrea Della Sala

Non solo di mercato e delle trattative dell'Inter, Walter Sabatini al Corriere dello Sport ha parlato anche del suo lavoro e del suo passato, raccontando anche dei calciatori che ha avuto sotto la sua gestione:

Sabatini, perché luglio è per lei il mese più difficile? 

«Perché ho sempre la sensazione che avrei potuto fare meglio. E’ l’identico stato d’animo che si ha quando al liceo devi fare la traduzione di latino o il compito di matematica e mancano cinque minuti al suono della campanella». 

 

 Cosa c’è di bello nel suo lavoro? 

 «Un’emozione costante. Io vivo con grande partecipazione tutte le cose, sia le cose reali, sia tutto quello che gravita intorno al calcio. Per esempio quando un calciatore sbaglia uno stop mi sento in colpa come se ne fossi responsabile. Sento di dover rispondere anche per l’erba del campo tagliata male. Non ho vie di fuga, non ho scampo». 

 

 Qual è il ruolo più importante in una squadra? Quello in cui non si può sbagliare ? 

 «L’allenatore, prima di tutto. L’allenatore è la vera guida perché, al di là dei principi tecnico-tattici, è lui il vero psicologo dei calciatori. Adesso va molto di moda la figura del sostegno esterno fatto da specialisti, ma in realtà il vero psicologo è l’allenatore che, con lo sguardo, cambia lo stato d’animo di un giocatore o di una squadra».  

 

 Qual è l’allenatore più bravo con cui lei ha lavorato fin qui?  

 «Ho ricordi straordinari di allenatori che non hanno fatto strada, che avevano tante qualità che però non hanno coinciso con la fortuna professionale. Io scrivo in bacheca in grande, perché lo leggano tutti, soprattutto i calciatori, che la fortuna è un’attitudine e non possiamo invocare il caso quando si manifesta. E’ una nostra attitudine, l’abbiamo dentro. Si scrive fortuna, ma si chiama intelligenza e carattere». 

 

Il giocatore più intelligente con il quale ha avuto a che fare? 

 «Le dirò sinceramente che c’è un’involuzione della figura. Perché li abbiamo educati a una relazione sociale che parte dai social network, dai tatuaggi, dalle cose effimere, stupide. Un mondo virtuale, senza il minimo decoro. Ormai sono tutti in questa situazione. Ho avuto calciatori pazzeschi nella loro qualità che si sono fatti divorare dal vizio, dalla stupidità, dalla distrazione. Ne cito uno perché mi è sempre rimasto impresso: Fabian O’Neill. Fabian O’Neill era un fenomeno soprannaturale che poi si è fatto inghiottire dal suo disagio». 

 

 Invece il più intelligente, quello con il quale andrebbe a cena? 

 «Io non ho l’abitudine di frequentare i calciatori a cena. Perché il mio rapporto con i calciatori rimane fugace. Faccio una battuta, una carezza per comunicare qualcosa, uno stato d’animo, però evito sempre lunghi colloqui, perché sono dannosi, nervosi. Però se mi chiede il giocatore più intelligente che abbia incontrato non fatico a farle il nome di Paolo Sollier. Talento in campo e intelligenza fuori». 

 

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