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Orrico: “Zaniolo? Inter la società più complicata d’Italia, c’è anarchia. Ad Appiano c’è un virus”

Le parole di Corrado Orrico a Il Fatto Quotidiano

Marco Astori

Intervenuto ai microfoni de Il Fatto Quotidiano, l'ex allenatore dell'Inter Corrado Orrico ha parlato così di Nicolò Zaniolo, ceduto dai nerazzurri in estate alla Roma.

Un predestinato?

Uno così nasce una volta ogni vent'anni.

È di Massa, la sua stessa città.

È un rappresentante tipico della razza apuana: forte e fiera, anticonformista e anarchica. C'è un pizzico di tutto questo in Nicolò: ha potenza, fantasia, talento.

Chi le ricorda?

Che domande: Francesco Totti. È destino: i romanisti erano ancora vestiti a lutto ché il padreterno commosso dalle loro lacrime gli ha mandato un nuovo campione.

Paragone quasi blasfemo a Roma: così simili?

Il ciuffo è quello, la classe pure. Poi ci sono differenze: Totti era talento allo stato puro, con una struttura fisica di prim'ordine che usava poco, con la sua romanità un po' strafottente. Zaniolo non arriva a quelle vette tecniche ma è ancora più potente e concreto: ha mantenuto lo spirito della sua terra.

Mezzala, trequartista, esterno: qual è il suo ruolo ideale?

Come Totti, che agli esordi veniva impiegato in fascia, dovrà spostarsi al centro: deve giocare sulla trequarti, dietro la punta, per fare assist e gol che sono merce rara, come il talento.

Qualcuno vorrebbe dargli persino la maglia che fu del capitano.

Gliela porteranno presto a casa. E non solo quella della Roma, pure quella azzurra Quanto può essere importante per la nazionale? L'Italia ha sempre avuto grandi campioni, poi c' è stato un periodo buio che non a caso è coinciso con pessime figure. Abbiamo bisogno di Zaniolo e di altri come lui.

Di giovani talenti che però in Serie A non giocano.

La sua esplosione è anche una lezione per il nostro calcio e in generale per la nostra società, così refrattari a dare spazio ai giovani: ma i ragazzi bravi, come lui, Meret o Barella, ci sono.

Applausi per Di Francesco Qualcuno lo critica, ma i limiti ce li ha la squadra che prende gol ridicoli, o la società che vende i migliori, non lui. Di Francesco è un buon allenatore e fa pure giocare i giovani, quindi è bravo due volte. E non dimentichiamo Mancini: anche lui ha avuto un ruolo fondamentale, convocandolo quando non lo conosceva nessuno.

Invece la colpa è di Spalletti e dell'Inter che non sono stati in grado di riconoscere il campione.

Non si può ragionare col senno di poi, con i giovani è facile commettere errori di valutazione: quanti ce ne sono di casi così? E poi l'Inter è la società più complicata d'Italia, lì fare la scelta giusta è ancora più difficile: l'anarchia regna totale dai magazzinieri ai dirigenti, io ho sempre detto che c'è un virus ad Appiano Gentile.

Ora se lo gode la Roma, ma i tifosi giallorossi già tremano per una possibile cessione.

Spero di no, se lo vendono scoppia la rivoluzione. Anche per lui la cosa migliore è rimanere, deve fare come Totti. Non è romano, ma non lo erano nemmeno i grandi imperatori di Roma: può diventare il nuovo simbolo della città.

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