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D’Ambrosio: “Conte un martello, non ho mai lavorato così tanto. Sensi? Mi ha stupito”

Getty Images

Il difensore dell'Inter ha parlato della sua condizione e del lavoro che svolge la squadra con mister Conte

Andrea Della Sala

Sensi e Asamoah sono in dubbio per la trasferta di Torino, ma l'Inter ha finalmente ritrovato Danilo D'Ambrosio. Il difensore si è dimostrato importante anche con Conte e ora punta a riprendersi una maglia da titolare. Intervistato da Tuttosport ha parlato del suo momento e di quello della squadra:

D'Ambrosio, innanzitutto come sta? 

«Bene, posso dire di aver recuperato a pieno, soprattutto grazie al lavoro dell’ultima settimana. Ormai non sento più praticamente dolore». 

Che sosta è stata questa per chi come lei è rimasto a lavorare alla Pinetina? 

 «Una sosta faticosissima. Abbiamo lavorato molto bene, in maniera pazzesca e anche se non eravamo in molti, siamo riusciti a mettere molta benzina nelle gambe in vista del rush finale di questo 2019».  

Senta, ma davvero Conte è un martello come si dice? Da inizio ritiro estivo a oggi avete svolto ben 31 sedute doppie. Si era mai allenato così tanto? 

«No assolutamente no (ride, ndr). Ma le assicuro che a prescindere dalle giornate con doppio allenamento, anche i singoli sono molto pesanti. Però direi che finora si sono visti i risultati in campo, nel nostro modo di correre fino al 95'. Speriamo di proseguire su questa strada e confermare quanto di buono fatto finora: è quello che vogliamo tutti». 

Se pensa a Conte, qual è la prima dote che le viene in mente? 

«La caparbietà. Il mister non molla e non si accontenta mai. E’ uno che sprona a dare tutto, chiede il massimo sotto ogni punto di vista, fisico e psicologico». 

Anche Conte, così come altri tecnici, ha sfruttato la sua duttilità tattica. Pensa che essere un jolly l'abbia aiutata nella sua carriera o l’abbia penalizzata? 

«Sono convinto che mi abbia giovato. So svolgere diversi ruoli e questa cosa mi piace. Anzi, credo che aver giocato da terzino mi aiuti quando deve fare dei movimenti da centrale difensivo e viceversa. Le giocate sono ovviamente diverse da ruolo a ruolo, ma quando hai la fortuna di avere un allenatore che ti mette nelle condizioni di fare tutto al massimo, le risposte sono quasi sempre positive». 

Avere Conte potrebbe aiutarla a entrare nei ventitré di Mancini in vista dell'Europeo? 

«Io ho tanta voglia di esserci anche perché l'età avanza, non sono più un giovincello. Dovrò essere bravo a sfruttare tutte le occasioni che avrò per crescere e migliorare perché posso ancora farlo e con Conte ancora di più. Poi, come sempre, tutto passerà dal mio rendimento nel club: da qui a marzo devo confermarmi e meritarmi il posto nell’Inter e poi la nazionale sarà un'eventuale conseguenza». 

Marotta e Conte hanno sottolineato come il percorso dell'Inter sia stato finora migliore del previsto: è d'accordo? 

«Penso di sì, però posso dirle questo. Quando l'Inter ha scelto di puntare su Conte, di una cosa ero certo: che tutti avremmo dato il 100% di noi per la causa. Detto questo, siamo ancora nella seconda metà di novembre e i frutti si vedranno a fine marzo, inizio aprile. Se saremo ancora lì in campionato, allora potremmo pensare di giocarcela con chi eventualmente sarà davanti a noi». 

Lei ha vissuto tutta l'epoca post Moratti, visto che fu il primo acquisto di Thohir nel gennaio 2014. Crede che oggi l'Inter abbia raggiunto, anche a livello societario, una maggiore stabilità? 

«Secondo me sì, posso dire che siamo arrivati quasi al top. Dico quasi perché si può sempre migliorare, ma i presupposti per essere più competitivi ed esserlo stabilmente, ci sono tutti». 

Arriva il Torino, una partita importante per la classifica, ma poi avrete la decisiva trasferta di Praga per la Champions: lo Slavia potrebbe essere una distrazione? 

«Assolutamente no perché Conte ci sta inculcando una mentalità che punta sempre a raggiungere il massimo, ovvero la vittoria, nella prima partita che ci aspetta. Quindi la testa oggi è solo al Toro». 

Una squadra, il Torino, a cui rimane legato. Ma i granata sono una bestia nera dell'Inter? Negli ultimi anni ne avete vinte poche... 

«E' sempre ostico affrontare il Torino, soprattutto negli ultimi anni perché il club è cresciuto, ci sono stati acquisti importanti con giocatori di livello più alto, adatti per raggiungere i traguardi che si sono prefissati. Come sempre sarà una battaglia». 

Si aspettava qualcosa di più dal Toro? 

«La Serie A è complicata, puoi perdere punti con chiunque, le trasferte a Brescia o Lecce valgono ormai come quelle a Roma o Torino. Però, pensando ai risultati dell'anno scorso e ai giocatori della rosa granata, non mi aspettavo le difficoltà che il Toro ha trovato finora. Ma non dobbiamo illuderci, sarà tosta». 

Che avversario è Belotti? 

«Il Gallo è scorbutico, difficile da affrontare. E’ un attaccante che fa la guerra, non è disposto a perdere neanche un contrasto e questo per un difensore è un fattore non da poco. Lotta, ti mette sempre in difficoltà e comunque segna tanto». 

Senta, lei è stato allenato anche da Mazzarri: che differenze ci sono fra il suo 3-5-2 e quello di Conte? 

«Difficile da spiegare in pochi secondi, però anche se i moduli si possono assomigliare, è l’interpretazione che fa la differenza. Io posso dirle che fra tutti i 3-5-2 che ho visto o provato personalmente, quello di Conte è davvero differente. Il mister sa dare un'identità di gioco unica, con delle giocate ben definite che lo rendono identificabile. D'altronde il lavoro tattico, sia in campo che video, è enorme. Per me Conte è un tecnico che più di altri sa dare la sua impronta alla squadra». 

Quale compagno fra quelli nuovi l'ha sorpresa di più? 

«Barella, per esempio, non mi ha stupito: sapevo fosse forte e l'Inter ci ha visto davvero lungo nell'investire su di lui. Invece non mi aspettavo così tanto da Sensi: da avversario non mi aveva impressionato quanto invece ha fatto da compagno in questi mesi. Allenandomi con lui ho capito quanto possa essere comodo un giocatore come lui per la nostra squadra». 

Sui social sembra che lei abbia preso sotto il suo braccio Esposito: ha davvero qualcosa di speciale questo ragazzo? 

«Seba lo conosco davvero da quando era un bambino di 5-6 anni. Giocavo nella Juve Stabia in Prima Divisione nel 2008, il suo papà era il vice allenatore e ci guidò in prima persona in alcune gare dopo gli esoneri di Costantini e Morgia. Seba veniva sempre al campo, l'ho visto crescere. Quando l'ho riabbracciato all’Inter, ho ritrovato un ragazzo a posto, umile, con dei valori e la testa sulle spalle. Sa dove vuole arrivare e che la strada è lunga, ma ha qualità importanti». 

D'Ambrosio, ma lei a fine stagione sarà contento se? 

«Se ci guarderemo indietro e non avremo dei rimpianti».

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