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Inter, l’autofinanziamento è un sogno non un incubo. Vorrei fare una sola domanda a Suning

Daniele Mari

L'editoriale di Daniele Mari, direttore di Fcinter1908

No, non sono uscito di senno. L'autofinanziamento, questa parola diventata spauracchio per ogni tifoso dell'Inter, descritta come un sogno da perseguire? Assolutamente sì, almeno nel mio modo di concepire una società vincente. Una società che, con le regole del calcio di oggi, non può più fare affidamento sul magnate tifoso che pompa centinaia di milioni di euro nella squadra del suo cuore. Non potrebbe farlo, con le norme del fair play finanziario, neanche se volesse.

E allora qual è il modello vincente in questo calcio fatto da economisti e sempre meno da sportivi? Il modello vincente è, come ha giustamente sottolineato l'ad dell'Inter Antonello, il Manchester United, il club ricco per eccellenza, quello che nella classifica dei fatturati ha superato Real Madrid e Barcellona proprio nell'anno in cui è rimasto fuori dalla Champions. Il club che genera soldi a prescindere dai risultati (e comunque l'anno scorso tre trofei l'ha portati a casa). Anche Psg e Manchester City, i club che esaltano i loro tifosi con le loro spese pazze, hanno comunque perseguito il modello United, con uno spropositato aumento del fatturato in brevissimo tempo (in modo legittimo e regolare? Mi chiedo già sapendo la risposta).

Questo significa autofinanziamento, cosa ben diversa dall'elemosinare prestiti in giro per l'Europa, cercando di racimolare fino all'ultimo euro cedendo i nostri giocatori a prezzo di saldo. Autofinanziamento, nella sua massima espressione, significa potersi permettere Pastore senza l'ormai famigerato "ok di Suning". I soldi per Pastore, l'Inter, li genererebbe da sola, senza andare a bussare alla porta della proprietà come un figlio che chiede la paghetta. Autofinanziamento non è sinonimo di questua, è sinonimo di ricchezza, di vera potenza.

Allora è una, e una sola, la domanda che vorrei porre a Suning, facendo una premessa. Non è una gestione alla Moratti che si chiede al gruppo cinese. Non potrebbe farla neanche volendo, viste le limitazioni che il Fair Play Finanziario impone agli azionisti in tema di soldi immessi nel proprio club. Quello che si chiede a Suning è di agire, in modo prorompente e possibilmente rapido, sulla leva dei ricavi, grazie alle sponsorizzazioni, ai contatti in Asia e al ruolo di prim'ordine che l'azienda di Zhang svolge in Cina ma non solo.

E' in grado Suning di far imboccare all'Inter la strada dell'ascesa in termini di fatturato, come visto nell'ultimo bilancio e nell'ultima classifica Deloitte? La burocrazia cinese, le limitazioni e le norme del governo, quanto influiscono in questo senso (tanto per essere chiari, i ritardi negli incassi delle sponsorizzazioni sono un problema superato?)? Se la risposta è sì, in questo momento non c'è all'orizzonte una proprietà più solida di Suning.

Ma se la risposta fosse no, allora è giusto mettere in discussione tutto l'apparato. Suning non può pompare soldi direttamente nell'Inter, a getto continuo, a causa del Fair Play Finanziario. E anche se non ci fosse il FPF, ci sarebbero comunque le limitazioni governative. Ma la domanda vera è: può continuare ad agire liberamente sulla leva dei ricavi? Se non può, se le limitazioni coinvolgono anche l'eventuale ricerca di nuovi sponsor e la strategia aggressiva nel mercato asiatico, allora non ha senso continuare. Se Suning non può mettere soldi direttamente e non può neanche reperirli tramite gli sponsor, allora quale sarebbe la sua utilità per l'Inter? Resterebbe l'eventuale competenza calcistica ma su questo tema le falle sono fin troppo evidenti.

Ecco, quindi, la mia unica, vera richiesta per Suning: che conduca l'Inter all'autofinanziamento, il vero autofinanziamento, agendo, in tempi rapidi, sulla leva dei ricavi, così come abbiamo iniziato a intravedere. E con un'Inter autofinanziata, poco ci interesserà dei congressi del Partito Comunista cinese, poco ci interesserà della politica monetaria e della svalutazione dello yuan. Torneremo ad occuparci di calcio, con qualche pastore in più e qualche pecora in meno.