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Marotta: “Il calcio non è più mecenatismo. Stadio fondamentale non solo per i ricavi dei club”

Le parole dell'amministratore delegato nerazzurro

Daniele Vitiello

Giuseppe Marotta, amministratore delegato dell'Inter, è presente questo pomeriggio a Venezia all'evento 'Le sfide del calcio italiano' al Campus San Giobbe. Questo il suo intervento integrale, focalizzato soprattutto sull'importanza del fattore stadio per i club del calcio mondiale: "Volevo esprimere la mia felicità per essere qui oggi. Sono molto legato alla città di Venezia da anni molto belli, soprattutto da uno in particolare, quando ottenni la promozione in Serie A. Ho accettato questo invito anche perché i giovani rappresentano il futuro della nostra nazione, per cui mi auguro che tanti dei presenti possano prendere parte della politica di cambiamento del mondo del calcio, diventato ormai fenomeno di business e ciò che rappresenta lo stadio è abbastanza importante. Io faccio questo mestiere da 42 anni ed ho attraversato tutti i cambiamenti di questo sport, dal mecenatismo al modello attuale, in cui le società sono delle Media Company formate da una struttura. Prima di intervenire in questo convegno si disquisiva di questioni generali e raccontavo di quando l'almanacco Panini dedicava soltanto tre righe all'organigramma delle società calcistiche: presidente, segretario e allenatore. Poi si aggiunse il direttore sportivo, negli anni '60, figura di ex calciatore che per meriti acquisiti sul campo aveva il compito di attivare le operazioni di calciomercato. Nel frattempo gli stadi erano sempre pieni: senza il terzo anello, San Siro arrivava ad una capienza di 60-70 mila presenze.

MECENATISMO- Da un livello di mecenatismo siamo arrivati oggi ad uno di business e gli stadi devono rispondere a delle esigenze che trent'anni fa non c'erano: di sicurezza, non facili da rispettare, accoglienza, senso di appartenenza ed ospitalità, perché la presenza degli sponsor è importante ed è indispensabile concedergli la giusta accoglienza. Gli stadi sono fondamentali nell'ottica dei ricavi. Io ho partecipato nella mia esperienza di Juventus al passaggio tra il vecchio stadio ed il nuovo ed al di là dei benefici che abbiamo tratto a livello economico, lo stadio ha rappresentato il dodicesimo uomo in campo, con la gente a pochi metri di distanza dai calciatori e senza le piste di atletica. Significa correre spinti dagli spettatori. Tornando al discorso economico, il cambiamento in ottica Juventus dallo stadio comunale a quello di proprietà ha portato all'aumento dei ricavi di ben tre volte. Va anche detto che quello che oggi guadagna la Juventus corrisponde ad un terzo di quello che guadagnano le big europee. Accanto allo stadio reale, c'è anche lo stadio virtuale formato dai diritti televisivi: oggi non bisogna più costruire cattedrali nel deserto, ma poli commerciali che si possano vivere tutti i giorni. Soprattutto, deve esserci lungimiranza da parte dei proprietari delle società, che devono rispettare certe caratteristiche di continuità. Oggi in Italia si vedono spesso cambiamenti di azionisti e questo porta al non vedere nel medio termine costruzioni delle strutture, fondamentali sono i centri di allenamento.

LA VISION - L'importante è avere in avanti una vision che possa permettere di programmare, oltre ad un iter burocratico più snello. Per costruire uno stadio oggi è necessario partire dai Comuni e dai piani nazionali. Ritengo che lo stadio sia un fenomeno di carattere nazionale, per cui alcuni passaggi intermedi rappresentano solo ostruzioni. Lo Stato deve facilitare le cose anche in quanto sgravi fiscali. Siamo poi dei grandi contribuenti, per cui una forma di defiscalizzazione da utilizzare per investimenti potrebbe essere un ulteriore strumento opportuno per facilitare il percorso di crescita. La Serie A versa per contributi circa 800mln a cui vanno aggiunti Serie B e LegaPro". 

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