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La propaganda attacca l’Inter: peccato non avere Yonghong Li. Ma rinfreschiamo la memoria

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L'editoriale di Alfio Musmarra per Fcinter1908: la propaganda rossonera attacca l'Inter ma ha la memoria molto corta
Alfio Musmarra

E’ curioso l’utilizzo dei media secondo alcuni.

Perché sono mesi che sentiamo puntare il dito sui conti tremendi dell’Inter mentre per altri vale come un trofeo avere i conti in ordine. Già perché oggi il tifoso non fa più il tifoso ma l’economista.

Perché la propaganda c’è sempre stata ma le tinte sono ben altre nonostante si mistifichi. Perché a onor del vero nessuno di chi segue l’Inter quotidianamente, ma proprio nessuno, si è mai sognato di nascondere sotto il tappeto i conti economici del club nerazzurro. I numeri li conoscono tutti. E scrivere che sia in miglioramento è un dato di fatto incontrovertibile ma i terrapiattisti esistono non lo scopriamo certamente oggi.


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Certo sarebbe molto più semplice trovare qualcuno, magari anche sconosciuto, con che so magari delle miniere, la cui proprietà è molto chiacchierata. E basta andare a fare una ricerca in rete per reperire informazioni interessanti con tipo 4 cambi di proprietà, e in due casi senza passaggi di denaro. Ma già che ci siamo ripercorriamo alcune tappe di quegli anni, perché riesumare quel passaggio di proprietà riporta a galla una storia clamorosa che colpevolmente tutti abbiamo lasciato correre, in primis gli organi che avrebbero dovuto vigilare.

La Gazzetta riassumeva l’investimento con questi dati:  ‘..Ai 740 milioni per l’acquisto del club rossonero, vanno aggiunti i 90 per ripianare le perdite della stagione 2016-17 e altri 81 nell’anno corrente, di cui dieci di rifinanziamento e 71 di aumento di capitale complessivo..’

Per un complessivo di circa 900 milioni dei quali solo 280 finanziati attraverso Elliott.

Nel finale ci ricordiamo le accuse di Yonghong Li nei confronti di Elliott di condotta ‘incurante e predatoria’, con la definizione ‘fondo avvoltoio’, accusandolo addirittura di aver ‘orchestrato un default anticipato’. In realtà Yonghong Li sarà anche accusato dalla Procura di Milano di falso in bilancio.

‘Passato in mani cinesi, il Milan ha saldato gran parte dei debiti con le banche ereditati dall’amministrazione Fininvest, grazie al bond da 73 milioni di Elliott, e investito 240 milioni per rinnovare la squadra, alzando così il valore di mercato del club e la passione dei tifosi’  scriveva il Giorno in quell’epoca che poi aggiungeva -  Ma tentenna il business plan, che puntava alla qualificazione alla Champions League, obiettivo che oggi risulta irraggiungibile, e alla ricerca di nuovi sponsor asiatici con il progetto commerciale Milan China, che tuttavia non sembra decollare (la stampa cinese non ne parla se non riprendendo articoli a mezzo stampa italiana).

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Carlo Festa nel suo blog Insider sul Sole 24 Ore: ‘Il Milan non rischia il fallimento, ma l’azionista è a rischio default. Il 21 marzo scorso la procura di Milano ha aperto un’inchiesta, per ora senza ipotesi di reato né indagati, sulla vendita del club rossonero all'imprenditore cinese. Nelle stesse ore il tribunale di Shenzhen, nel sud della Cina, avviava le procedure per il fallimento della cassaforte dell'imprenditore cinese, la Jie Ande, azionista del gruppo quotato in Borsa Zhongfu, sulla quale pendeva da tempo una richiesta di liquidazione per bancarotta da parte della Banca di Canton, assestando un nuovo duro colpo alla già provata credibilità finanziaria del patron del Milan. “Notizie false, tutto è sano. Voglio riportare il club al top", aveva dichiarato in un raro video messaggio Li dopo l’inchiesta di Gabanelli, che anticipava la bancarotta della società la cui proprietà viene a lui ricondotta’.

Ai tempi La Gazzetta dello Sport riprendeva un articolo del New York Times che aveva mandato degli inviati in Cina per approfondire questo passaggio di proprietà. Scriveva che l’impero minerario descritto da Yonghgong Li ‘era a malapena conosciuto’ nel settore minerario e poneva dubbi circostanziati sulla proprietà della miniera che in realtà apparterrebbe ad una società che negli ultimi due anni ha cambiato ben quattro proprietà. I giornalisti del NYT hanno visitato gli uffici di Guangdong Lion a Guangzhou in agosto trovandoli ‘chiusi con un avviso di sfratto alla porta, all’interno le scrivanie e le sedie erano in disordine ed i pc erano senza disco fisso, con i vermi che infestavano un cestino della spazzatura’. Sempre il New York Times sottolineava come le miniere avessero cambiato quattro volte proprietario, due volte a costo zero e curiosamente tutti i proprietari si chiamano Li, cognome comunque diffuso in Cina.

La storia la conosciamo tutti, alla fine il Milan passa nelle mani dell’hedge fund americano. Il contratto firmato con Elliott stabilisce che l’escussione del pegno sulle azioni del Milan potrebbe scattare anche prima della scadenza, qualora non venissero rispettati alcuni impegni.

Mi fermo qui, per non diventare noioso più di quanto non l’abbia fatto fino ad ora.

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Concludo scherzandoci su ma fino ad un certo punto: sarebbe bello oggi trovare uno Yonghong Li di turno che arrivasse con 900 milioni per ripianare e poi sparire nell’oblio. Ed è clamoroso come tutto sia passato in cavalleria.

Perché qui tutti gli organi di informazione e di vigilanza hanno dimenticato una vicenda che andrebbe riesumata ed approfondita. Perché non si è mai visto un presidente sconosciuto a tutti, che arriva e butta alle ortiche quasi 900 milioni di euro per poi sparire come se nulla fosse.

E qui non c’è contraerea e propaganda che tenga, perché ai tempi c’erano moti rivoluzionari contro chi alzava un dito suggerendo delle anomalie.

C’è chi ha ancora l’ardire di andare a sfruculiare sui conti del club. Debiti, fallimento e altre amenità assortite. Perché sono anni che dobbiamo sorbirci i soliti commenti livorosi che evidenziano solo malafede.

Perché per alcuni birichini l’Inter non si sarebbe dovuta iscrivere ai campionati, sarebbe dovuta essere cancellata. E guardate un po’ gli stessi che accusano, si guardano bene dal muovere mezza considerazione su quello che fu. Senza contare che l’Inter ha avuto sempre un’unica catena di comando, che piaccia o no Zhang e la sua famiglia sono sempre stati riconosciuti e riconoscibili ed il patrimonio profuso ha sempre avuto una riconducibilità certa ed acclarata. E in virtù di quanto accaduto ad altri non è cosa di poco conto.

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