editoriale

PRONTI PER IL DERBY D’ITALIA?

Sabine Bertagna

Ci eravamo lasciati sulle note quasi scherzose di Jose Mourinho, che dopo Inter-Roma era riuscito con poche pennellate a dipingere un incontro così così: partita bruttina, risultato positivo per chi non ha ambizioni, è andata bene perché la...

Ci eravamo lasciati sulle note quasi scherzose di Jose Mourinho, che dopo Inter-Roma era riuscito con poche pennellate a dipingere un incontro così così: partita bruttina, risultato positivo per chi non ha ambizioni, è andata bene perché la Roma si è accontentata. Le polemiche tra Ranieri e il portoghese si sono affievolite in una settimana in cui gli argomenti previsti erano altri: nazionali, l’evento di rugby a San Siro e (purtroppo) il suicidio di Enke. C’è una scaletta per tutto: i riferimenti abbozzati ad un Rocchi benevolo nei confronti dei nerazzurri e il rimprovero mourinhiano alla tendenza giallorosa a piangersi addosso sono stati spazzati via in un colpo solo. Ma i pensieri dei tifosi (immaginiamo anche quelli degli allenatori) volano sempre a quegli incontri così agognati e temibili, da sovvertire qualsiasi scaletta. Fa niente che manca ancora del tempo. Loro sono già lì a pregustare il clima di tensione che precede il momento clou, la partita che devi vincere a tutti i costi, quella dei rancori neanche troppo soffocati e quella della rivalsa che vale il rispetto. Almeno per un po’. E così prima di un’amichevole tra nazionali non sfugge il consiglio di Mourinho a Sneijder sui possibili falli da parte dei giocatori della nazionale italiana (essendo quasi tutti juventini…). Non è sfuggita neanche a noi la premura: inutile, visto l’infortunio. E questo perché anche noi pensiamo a Juventus-Inter (5 dicembre), nonostante il campionato sia insidioso in tutte le sue partite e la Champions ancora tutta da acciuffare. E’ più forte di noi, ma in quella partita entra in campo un passato che non si può ignorare, un dibattito tuttora molto acceso che mormora ed insinua ricordi ancora non archiviati. Una partita che è la Partita, il derby d’Italia (così battezzato da Brera). Da una parte i nerazzurri che devono dimostrare la loro forza (hanno vinto bei scudetti, ma la rivale da battere è sempre lei, la Vecchia Signora), a maggior ragione contro i bianconeri. Dall’altra c’è un popolo che è sempre stato abituato a vincere e a sventolare le vittorie sotto il naso degli avversari e che da un preciso momento in poi non ha più vinto nulla (chissà perché…). Non solo. Gli scudetti scuciti dalle maglie della squadra e l’infamia della serie B sono cose che gli juventini non dimenticheranno mai. Capite che Juve-Inter non sarà solo una normale partita, che si vince, si perde o si pareggia. E’ lo scontro di due ideologie che non si abbracceranno mai. Il pubblico generico si augurerà una partita spettacolare. I tifosi delle due fazioni invece pregheranno per una vittoria ad ogni costo. Tutto è ammesso, la posta in gioco è troppo alta. Non aiuta avere un processo ancora aperto, che deve confermare o ribaltare una giustizia sportiva molto chiara. Il clima è caldo e si presume che la temperatura possa salire ancora di diversi gradi. Forse converrebbe seguire la teoria di Mou: la partita più importante è sempre la prossima. Ma da qui a dicembre si uscirà spesso dai binari prestabiliti degli argomenti classici. L’impressione è questa. Che Juventus-Inter sia già iniziata. E che in realtà si tratti di una partita mai finita…