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Avv.Grassani: “Inter, Icardi non può pretendere di giocare. Un precedente simile. L’art. 15…”

Il noto esperto di diritto sportivo si è espresso sul caso Icardi

Marco Macca

Intervistato dal Corriere dello Sport, Mattia Grassani, avvocato e fra i massimi esperti in Italia di diritto sportivo, si è espresso sul caso Icardi, che continua a tenere banco in casa Inter ormai dal 13 febbraio. Ecco le sue posizioni:

DIRITTI E DOVERI - "Diritti e doveri di società e calciatori sono sanciti dall’accordo collettivo che impone al calciatore di rendere al 100% delle proprie possibilità in favore del club che lo paga mentre quest’ultimo è tenuto a gestire l’atleta, riconoscendogli il medesimo trattamento riservato a tutti i calciatori professionisti della rosa della prima squadra. Quindi, spogliatoio, orari di allenamento, staff tecnico e medico. Dal momento delle convocazioni prepartita in poi, però, sia in campionato, sia in Coppa Italia, sia in Europa, chi è dentro l’elenco prosegue l’attività, chi è fuori va a casa sino al martedì. Possiamo affermare che la sfera tecnica è di competenza esclusiva dell’allenatore e dei suoi assistenti, senza possibilità di interferire da parte di chicchessia. Parlare di un diritto dell’atleta a disputare, a prescindere, le gare preparatorie dei match ufficiali o il lavoro tattico mi sembra non corretto in quanto collidente con il principio relativo all’autonomia del mister nella conduzione degli allenamenti".

MOBBING - "Il mobbing nello sport è tematica molto delicata e da maneggiare con estrema cura. Diciamo che per ricorrere al Collegio Arbitrale invocando demansionamento e sottoutilizzazione sportiva, con risoluzione del contratto e risarcimento del danno, occorrono elementi di prova concreti, reiterati nel tempo e inoppugnabili. Il quadro sarà molto più chiaro dopo la chiusura del mercato".

RISOLUZIONE - "L’articolo 15 del regolamento Fifa dispone che un professionista affermato che, in una determinata stagione, abbia disputato meno del 10% delle partite ufficiali, possa rivendicare la giusta causa di recesso al termine della relativa annata. Partendo dal presupposto che, certamente, Icardi sia un professionista affermato, la fattispecie si caratterizza per l’elevata discrezionalità affidata all’organo giudicante. La valutazione della DRC Fifa è soggettiva e vanno accertati tre requisiti fondamentali: lo status di calciatore ‘established’, la disputa di meno del 10% delle gare ufficiali (calcolato sulla base dei minuti effettivi disputati), la formalizzazione del recesso per giusta causa sportiva nei 15 giorni successivi all’ultima partita della stagione. Se le tre condizioni sono tutte e tre presenti, il giudizio implica anche un approfondimento molto attento di tutte le circostanze rilevanti che abbiano caratterizzato il rapporto tra calciatore e società. La decisione, in appello, può essere impugnata al Cas di Losanna. Per quanto attiene ai tempi del procedimento, è difficile prevederli, anche in ragione dell’esistenza di rarissimi precedenti, di cui uno ancora pendente".

CASI SIMILI - "Casi uguali direi di no, ma anche di simili è difficile rinvenirne perché ad alti livelli il mobbing sportivo non è molto frequente. Seppur sostanzialmente differenti, possiamo ricordare Biso, Falsini e Pantanelli, che nel 2007 vinsero la causa contro il Catania, e Pandev, che nel dicembre 2009 ottenne la risoluzione del contratto con la Lazio per passare a gennaio 2010 all’Inter. Il precedente, forse, più somigliante è quello di Marchetti, portiere titolare dell’Italia ai Mondiali 2010: tornato al Cagliari, venne ritenuto estraneo al progetto tecnico in favore di Agazzi e non scese in campo in gare ufficiali. Si rivolse al Collegio Arbitrale chiedendo lo svincolo, ma il ricorso venne archiviato e rimase rossoblù".

(Fonte: Corriere dello Sport)

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