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Buffon: “Riconfermo tutto, magari userei altri toni. Era rigore dubbio, doveva sorvolare”

Redazione1908

Gigi Buffon torna a parlare del rigore concesso al Real dall'arbitro Oliver: "Uno più esperto avrebbe lasciato correre"

A  pochi giorni dall’eliminazione della Juventus dai quarti di Champions League ad opera del Real Madrid, Gigi Buffon è stato intervistato da "Le Iene" e ha ribadito i concetti espressi dopo la partita del Bernabeu: "Io non devo rimediare perché io sono un essere umano che mette passione, sentimenti, arrabbiature… trovo modi di parlare, giusti o sbagliati che siano, alcune volte eccessivi… ma sono questo, sono Gigi Buffon. L’altra sera era finita la partita da un’ora e mezza, di conseguenza quello che uno esterna sono sentimenti, sono pensieri forti, per certi aspetti ineducati, ma sono i sentimenti di un uomo che non si trincera dietro a un velo di ipocrisia e butta fuori quello che le viscere gli dicono e punto, chiuso".

Buffon, poi, continua: «Lì per lì tu non puoi chiedere a uno che vive lo sport con una pienezza come lo vivo io di accettare, essere equilibrato, perché alla fine, seppur esternando in maniera eccessiva determinati pensieri, questi erano pensieri che avevano una logica, che ridirei, magari con un altro tipo di linguaggio, più civile diciamo. Però rimane che il contenuto di ciò che ho detto lo riconfermo in pieno».

Sull’arbitro del match, il 33enne Michael Oliver, il capitano della Juventus la pensa così: «Anche se esternando in maniera eccessiva, l’altra sera ho detto quello che pensavo, non doveva fischiare. Un arbitro con più esperienza non avrebbe fischiato, ergendosi a protagonista di una partita. Avrebbe lasciato correre, si sarebbe girato dall’altra parte, e lasciato che le squadre se la giocassero ai supplementari. E lasciare che fosse il campo a parlare». E ancora: «È un ragazzo che farà una gran carriera, che è stato sfortunato […] secondo me viene mandato un arbitro troppo giovane ad arbitrare una partita importante… giovane ma già consolidato, già forte, che aveva già dimostrato il proprio valore, ma è una partita nel quale il risultato sembrava secondario. E poi l’imponderabilità, la bellezza del calcio, fa sì che purtroppo è un ragazzo che si è trovato in una situazione troppo complessa, troppo ingarbugliata e troppo grande. Quindi, alla fine, al di là di quello che ho esternato nel post gara - sostiene ancora Gianluigi Buffon - non porto rancore, neanche sono arrabbiato, è finito tutto, però è normale che lì per lì uno si senta non dico penalizzato… mi sono sentito proprio defraudato ma non di un risultato. […] Quella è stata una partita irripetibile».

Il portiere bianconero continua: «Potevamo scrivere una pagina di calcio memorabile per la Juve, per l’Italia: la nostra vittoria si sarebbe abbinata a quella della Roma, sarebbe stato qualcosa di incredibile, di pazzesco. […] Prima di essere juventino io sono italiano – spiega ancora – avevo veramente a cuore il movimento italiano. Vedere la Roma che aveva fatto un'impresa pazzesca, ho seguito la gara con un trasporto incredibile, vedere la Juve che va a Madrid e recupera tre gol di scarto… lasciatevelo dire da uno che pensa un pochino di averle viste, di essermi emozionato nella vita: è un qualcosa di impareggiabile, di pazzesco.Ne ho perse anche di più importanti però questa, per come era nata e per come si stava evolvendo, per come si stava snodando, era la partita più bella e più emozionante che avessi vissuto con la Juventus, penso anche per i tifosi e anche per i miei compagni".

Sul rigore, Buffon incalza: «Quella non è una situazione in cui puoi dire “secondo me quello è rigore con certezza”. Non dico che non fosse rigore, dico che era una cosa dubbia. E una cosa dubbia in una partita simile, a 20 secondi dalla fine della gara, un arbitro di esperienza, che ha già solcato determinati campi e tutto, secondo me fa un altro tipo di valutazione».

Il numero 1 dei bianconeri, quindi, conclude: «Datemi almeno la legittimità di difendere in quel modo esasperato e passionale i miei compagni, quei cinquemila venuti a sostenerci. Io devo difendere i miei compagni e loro, anche in modo scomposto, perché me lo sento. Era dovuto, a costo di macchiare la mia immagine».