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Kondogbia: «Voglio diventare il leader all’Inter. In spogliatoio mi diverto…»

Lorenzo Roca

Geoffrey Kondogbia si è confessato in una lunga intervista all’Équipe parlando di Inter e della sua carriera, partendo dalla cifra molto consistente che l’Inter ha sborsato per lui e che viene tirata spesso fuori quando si parla...

Geoffrey Kondogbia si è confessato in una lunga intervista all'Équipe parlando di Inter e della sua carriera, partendo dalla cifra molto consistente che l'Inter ha sborsato per lui e che viene tirata spesso fuori quando si parla dell'ex giocatore del Siviglia: «Le cifre... per me non sono una novità. Mi sono adeguato esono cambiato. A MOnaco ero giovane, era la prima volta che mettevano parecchi soldi per me, stavo per andare in panico. Ora ho fatto esperienza, non ci penso più».

Al di là del montante del trasferimento, lei è arrivato come stella della squadra...

«Sono sempre una speranza qui perché quando parlano di me si evoca più spesso il futuro che il presente. Non penso di essere arrivato come una star perché una star ogni anno è sul gradino più alto della Champions League, colleziona grandi stagioni. Non è il mio caso. La gente si sbaglia se si basa sul mio prezzo».

Avere il miglior contratto della squadra (4 milioni di euro annui per 5 stagioni) vi spinge a ricoprire un ruolo importante.

«Certo. Molte cose sono cambiate quest'estate. Ho delle responsabilità e devo essere un leader di questa squadra, penso di non esserci ancora riuscito. Non è qualcosa che cerco di proposito».

La stampa italiana le rimprovera di essere timido in campo. Siete d'accordo?

«Nel calcio oggi bisogna saper mostrare le proprie qualità individuali. È quello che mi manca. Mio papà me lo dice sempre, fai vedere quanto vali. Tutti me lo dicono, non è questione di essere timido e nemmeno di menefreghismo, ma devo superare ciò e migliorarmi».

È più difficile imporsi in un'istituzione come l'Inter?

«È uno spogliatoio facile, ci sono molti giovani bravi, molti nuovi. Si parla italiano anche se ci sono molti stranieri, è molto bello».

Passando da Monaco a Milano, avete cambiato un po' il vostro mondo...

«Ho visto il cambiamento vivendolo direttamente, Le persone ti riconoscono in strada, in Italia ho riscontrato maggior passione. Milano non è Roma, dove sono stato nel weekend e dove ti molestano, ma senti che la gente è malatadi calcio. Quando vedi lo sguardo delle persone, senti che potrebbero morire per il calcio. Ma fa sempre piacere quando ti riconoscono per strada. Quando le cose vanno bene, è ok...».

Avete avuto anche delle difficoltà. Avete pensato mai di aver fatto la scelta sbagliata?

«No, mai. Sono venuto qui per lavorare sulle mie carenze. E non è facile, bisogna migliorare pian piano. Pecco in rigore e sono venuto anche a cercare questa disciplina tattica che non ho».

Ma è un cliché che in Italia si lavora sempre di più sulla tattica?

«No, non è affatto una leggenda».

(L'Equipe)