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Bagni: “Inter? Pellegrini tirò troppo la corda con me, gli avrei tirato un pugno”

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L'ex centrocampista ricorda la sua esperienza in nerazzurro: "Bersellini un sergente buono, Marchesi la mia fortuna"

Fabio Alampi

Salvatore Bagni, ex centrocampista con un passato anche all'Inter, in un'intervista concessa ad Avvenire ha ricordato la sua esperienza in nerazzurro:

"Arrivai all'Inter dal Perugia e fu un'annata "insonne". Passavo le notti in bianco per via della nascita di mia figlia, la primogenita, Elisabetta (gli altri due figli sono Alice e Gianluca che lavora nella società di famiglia di Football consultant). Ma Eugenio Bersellini, che per me è stato un "Sergente buono", altro che di ferro, mi dava piena fiducia. Ad ogni fine allenamento mia moglie Letizia veniva a prendermi in macchina ad Appiano Gentile e la scena era sempre la stessa: lei andava in porta, io, mister Bersellini e il preparatore atletico Armando Onesti, ci mettevamo a giocare come bambini... I compagni erano tornati a casa da un pezzo, mentre noi continuavamo con la gara di tiri. E quando smettevamo non era per la fatica, ma per le risate e per il buio...".

Via Bersellini, all'Inter arriva Rino Marchesi.

"La mia fortuna. A Marchesi un giorno nel ritiro estivo gli venne l'idea di schierarmi mediano. «Ti va?», mi dice. Io accetto e di questo lo ringrazio ancora quando lo sento, ed è un piacere parlare con uno che di calcio ne sa tanto, ma soprattutto è sempre stato un uomo per bene, un saggio".

Di Salvatore Bagni invece dicevano che fosse un "isterico", un "nevroromantico"del pallone.

"Tutti quelli che non mi conoscono mi giudicano soltanto per quello che ricordano di me quando giocavo: quindi un tipino tutto nervi e grinta. Ma posso assicurare che fuori dal campo, sono sempre stato molto diverso da quello visto dallo stadio o dalla tv. Mio padre mi ha sempre ripetuto che se fossi stato in campo come mi comporto fuori non avrei mai giocato a calcio in Serie A. Mai saputo cosa fosse lo stress, il calcio l'ho vissuto come un bel gioco e posso assicurare che in 66 anni nessuno mi ha mai visto triste dopo una partita".

Non la intristì neppure quando quarant'anni fa la misero in mezzo alla presunta "combine" di Genoa-Inter (2-3)?

"C'hanno scritto pure un libro (Non si fanno quelle cose a 5 minuti dalla fine!) – sorride – . Roba da matti, io so solo che su assist di Hansi Müller segnai il gol della vittoria, ma siccome non mi venne ad abbracciare nessuno dei miei compagni l'ufficio inchieste mi mandò a chiamare per interrogarmi. Mi chiesero: «Come mai signor Bagni?» A me caddero le braccia... come mai cosa, perché avevo fatto gol? Nella mia mentalità giocare significava provare a divertirmi e a vincere sempre, e io solo quello ho sempre cercato di fare".

Lo ha fatto con uno stile molto personale, che a un certo punto non andava più bene all'Inter.

"Avevo ancora due anni di contratto, ero felice all'Inter, ma a marzo dell'84 cambia la proprietà: Fraizzoli cede a Pellegrini, il quale si presenta con un avvertimento: «Bagni, d'ora in poi in campo deve cambiare atteggiamento». Quando me lo ridisse per la decima volta allora gli risposi che se la pensava così potevano anche vendermi. Sandro Mazzola mi chiama in sede per rassicurarmi: «Salvatore dai, continua così, resta te stesso». Alla fine Pellegrinì tirò troppo la corda. Mi fece rientrare a Milano a fine campionato mentre ero a Cesenatico al capezzale di mia suocera malata – che poi morì quel luglio, a 56 anni – per comunicarmi: «Non volevo dirti niente: tu vieni in ritiro, stop. Altrimenti quest'anno giochi nel giardino di casa mia». Mi ripeté il concetto davanti a tutti mettendomi una mano sulla spalla. Diventai una furia e sbottai, alla mia maniera: «Presidente, se non mi toglie la mano da lì le do' un pugno che la rispedisco nel suo ufficio ». Ero fuori di me...".

Pellegrini a quel punto fu costretto a venderla al Napoli, ma avete chiarito a distanza di anni?

"Io non serbo mai rancore per nessuno, Pellegrini è un gran signore e un grande imprenditore, ma con me ha sbagliato, perciò quando ricevetti la telefonata di Marchesi che allenava il Napoli gli risposi al volo: «Con lei Mister vengo a giocare da qualsiasi parte». Faccio notare che lasciavo una Inter da scudetto per un Napoli che lottava per non retrocedere".

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