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Boeri: “Quando l’Inter conquistò la prima stella avevo 9 anni. Noi interisti…”

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Tra le pagine del libro di Repubblica "Inter, la stella più bella", Stefano Boeri ripercorre la sua storia d'amore con i colori nerazzurri
Gianni Pampinella Redattore 

Tra le pagine del libro di Repubblica "Inter, la stella più bella", uno speciale sul ventesimo scudetto, l'architetto Stefano Boeri ripercorre la sua storia d'amore con i colori nerazzurri. "Quando l'Inter conquistò la prima stella avevo 9 anni. In quel maggio del 1966 finivo la quarta elementare. L'incanto delle domeniche pomeriggio a San Siro, l'incanto dei mercoledì in pigiama accanto a mio padre a guardare le Coppe, sembrava di colpo sospeso, (un po' come è accaduto quest'anno) dopo la delusione per la sconfitta in semifinale di Coppa Campioni con il Real Madrid. Quella prima stellina, scesa dallo stesso cielo notturno delle serate di Vienna e di Milano, scesa sul nostro cuore, fu un dono speciale e bellissimo".

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"Naturalmente sapevo a memoria le formazioni dell'Inter stellare di quegli anni magici, ma conoscevo anche quella dello scudetto, il terzo, del 1930. Aveva allora la mia età, mio padre Renato, quando una "tata" innamorata perdutamente di una riserva dell'Ambrosiana Inter, si faceva scudo di lui e dei suoi quattro fratelli, lasciati a turno come mascotte ai titolari che si allenavano nell'Arena, per amoreggiare con il suo eroe".


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"Era l'Inter di un giovanissimo e formidabile Meazza, autore di 31 gol; era l'Inter che per la prima volta entrava nelle coppe europee (anche allora un'eliminazione in semifinale). Era l'Inter del grandissimo Arpad Weisz, allenatore ungherese trentaquattrenne, di origine ebraica, costretto pochi anni dopo a fuggire dall'Italia in seguito alle leggi razziali e internato successivamente a Auschwitz, dove fu ucciso dai nazisti nel 1944. Quando arriverà la terza Stella, a spanne non ci sarò più. Poco importa, se penso a come le storie dell'Internazionale resteranno dentro, cucite come le stelle sulle magliette di cotone, nelle vite dei miei figli e delle mie nipoti".

Perché questo è il significato profondo di una passione per un fenomeno totalmente futile come il Calcio, che l'Inter accompagna però con un tratto distintivo che la rende unica: l'incertezza. Un'incertezza costante e vibrante che rende così simili le sconfitte e i successi, vissuti con il cuore in gola fino all'ultimo secondo dell'ultimo inesorabile minuto di recupero. Ma in fondo è la stessa incertezza, lo stesso senso di smarrimento e insieme di incanto e follia di quando guardando un cielo stellato, cerchiamo insieme la disposizione delle galassie e le figure dello Zodiaco. Eppure, unendo inconsciamente magia e astronomia sappiamo, noi interisti, che da quei cieli ignoti, non importa quando ma ogni tanto, scenderà, sul nostro cuore, una piccola stellina.

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