ultimora

Bui amarcord: “Quella volta nel ’69 che Vieri parò il rigore in Inter-Verona”

Ha ragione De Gregori. Lui canta che «un giocatore non si giudica da un calcio di rigore». «Ha ragione sì», scherza Gianni Bui. La torre dei ricordi. «Quella volta l’ho combinata grossa», ricorda. Gli sembra ieri e invece se ne sono...

Alessandro De Felice

Ha ragione De Gregori. Lui canta che «un giocatore non si giudica da un calcio di rigore». «Ha ragione sì», scherza Gianni Bui. La torre dei ricordi. «Quella volta l'ho combinata grossa», ricorda. Gli sembra ieri e invece se ne sono andati più di quarant'anni, porca miseria come passa il tempo... Era dicembre, il 28 dicembre 1969, l'Inter di Heriberto Herrera, il Verona di Renatone Lucchi. Di Bui e Clerici, Maddè e Mascetti, Battistoni e Mascalaito. «Andiamo a San Siro e il Verona non era mai riuscito a vincere», riprende Bui sul filo dei ricordi. «Giocammo una buona partita, tener testa all'Inter in casa sua non è mai facile. Riuscimmo a pareggiare, finì zero a zero»· Già, ma poteva andare in un altro modo. Siamo al 42' della ripresa e l'Inter, rabbiosa per un risultato che non si sblocca, schiuma furore. Al punto che uno dei nerazzurri meno focosi, il veronese Mariolino Corso, perde le staffe e offende l'arbitro. Il fischietto è il grande Alberto Michelotti di Parma, coraggio da vendere, uno che non ha paura di nessuno. Basta sentirlo, Michelotti, ce la facciamo raccontare in diretta. «Allora, succede che il Verona attacca e Clerici entra in area. Grande attaccante, il brasiliano... Io vedo Suarez che lo affronta, Clerici finta, Suarez lo mette giù. Io fischio il rigore. Deciso, sicuro...». Attenzione, mancano meno di cinque minuti, risultato zero a zero. Ve l'immaginate, un rigore contro l'Inter, a San Siro, poco prima del novantesimo? L'Inter assedia Michelotti, che non si lascia certo intimorire. «Se avessi avuto paura, non avrei fatto l'arbitro», assicura. Michelotti è irremovibile. «Mi ricordo che mi dicevano, "...ma guardi che lei non arbitrerà più a San Siro, cosa crede, gliela faremo pagare...". E io rispondo. «Ah sì, me la farete pagare? Vedremo». Per calmare le acque, Michelotti espelle Corso, che nella bagarre non stava certo zitto. Su San Siro scende il silenzio. E qui il microfono torna a Gianni Bui. «Michelotti fischia e noi esultiamo. Abbiamo l'occasione di vincere a San Siro, non succede tutti i giorni. I rigoristi designati siamo siamo io e Clerici. Io guardo il Gringo, il Gringo guarda me. «Gringo -, gli dico, - tiri tu?». Clerici scuote la testa. «No, Gianni, sono un po' stanco, fallo tu». Io vado. Prendo la palla, la metto sul dischetto. Guardo Vieri, è fermo in mezzo alla porta. Prendo la rincorsa, calcio, ma sono stato un pollo ... ». Bui sorride, più di quarant'anni dopo. «Me lo ricordo benissimo. Non lo calciai neanche così male, ma vidi che Vieri si allungava alla sua destra. Capii subito che me l'avrebbe parato. Ci arrivò con la punta delle dita, fu più bravo di me». Finì zero a zero «Altre volte un pari a Milano ci avrebbe fatto impazzire. Quello ci faceva solo rabbia». Non al punto di dimenticare le regole del gioco e quelle dell'educazione. De Gregori ha proprio ragione, «un giocatore si giudica dal coraggio». Ascoltiamo ancora Gianni Bui. «Mi ricordo che da tre-quattro domeniche, Enzo Tortora mi chiamava per avermi ospite alla Domenica Sportiva. Gli avevo sempre risposto di no. Quella volta andai. Eravamo d'accordo, giocavamo a Milano, "vengo", gli avevo detto. Non ne avevo voglia, immaginatevi come mi sentivo dopo aver sbagliato il rigore della vittoria... Però, non potevo tirarmi indietro, non sarebbe stato giusto». Gianni Bui va. «Mi sembrava giusto chiedere scusa ai tifosi e lo feci davanti alla tv, davanti a tutti. Dissi a Tortora, «se avessi segnato non sarei venuto ...»: Gianni Bui era un campione anche per questo.