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Cannavaro: “Luxury Tax? Vogliono far crescere il calcio cinese per arrivare ai Mondiali”

Andrea Della Sala

Il tecnico dell'Evergrande ha spiegato il perché delle restrizioni al mercato cinese

Intervistato da Extra Time de La Gazzetta dello Sport, il tecnico dell'Evergrande Fabio Cannavaro ha parlato della sua esperienza in Cina e del mercato cinese:

L’inserimento del limite a 3 per gli stranieri e la Luxury Tax del governo che raddoppia i costi d’ingaggio di giocatori stranieri, ha costretto i club a una sterzata nelle strategie.

«Sì. La volontà è quella di far crescere il calcio cinese per portarlo a essere competitivo nei prossimi Mondiali. Un’altra regola importante impone che in campionato ogni club parta con almeno un Under 21 titolare e che a partita in corso ne entrino altri 2. Perciò all’Evergrande stanno puntando forte sui giovani e mi hanno chiamato per un progetto quinquennale di crescita».

Già ma il suo Evergrande ha vinto 7 scudetti di fila e deve vincere: venerdì comincia il campionato col derby.

«In casa nostra e ci saranno 50 mila spettatori. Questo è il segno della crescita. La popolarità sempre maggiore del nostro sport in questo enorme Paese».

Ci sono suoi giocatori che potrebbero ben figurare da noi?

«Certo. Diversi. Ne voglio citare due su tutti gli esterni Zhang Linpeng e Li Xuepeng. Gente che ha tecnica e dinamismo per reggere ritmi elevati. Sono anche giocatori della nazionale. Nella mia squadra sono ben 13 i giocatori che gravitano nel giro dei convocati di Marcello Lippi. Fra noi il rapporto di collaborazione è intenso».

Torniamo all’Evergrande, tanto rumore per nulla nel mercato appena concluso. Rimpianti?

«Beh, un centravanti come Aubameyang a quale club non farebbe comodo? Con lui avremmo potuto fare più strada in Champions e il suo costo non sarebbe stato così spropositato come hanno scritto i giornali».

Anche Nainggolan sembrava stesse per arrivare.

«Ma le trattative non erano semplici. Ammetto che un po’ di rimpianto c’è. Radja è uno straordinario giocatore, completo, che avrei potuto schierare da asiatico nella Champions per le sue origini indonesiane».

Oltre tre anni fa la scelta cinese: che cosa ha capito di questo mondo che all’inizio le era incomprensibile?

«Ho imparato a conoscere una cultura diversa. Ad aprire ulteriormente la mia mente, dopo altre esperienze all’estero. Ma soprattutto sono cambiato io nel frattempo. Come uomo e come allenatore. L’esperienza ti aiuta a crescere. All’inizio le mie squadre difendevano meglio di come attaccavano. Ora le mie sedute di allenamento sono più brevi, ma molto più intense. Sono migliorato nello studio degli avversari. Insomma in Cina ho capito me stesso. E sarò sempre grato a questo Paese».

Dopo lo choc del primo esonero all’Evergrande, ha scommesso su se stesso ripartendo dalla seconda serie col Tianjin Quanjian.

«Una grande esperienza. Perché lì ho potuto costruire una squadra secondo le mie idee e siamo andati oltre ogni aspettativa: subito promossi e nella passata stagione terzo posto e qualificazione ai preliminari di Champions League».

Che il Quanjian, ora guidato da Paulo Sousa, ha superato brillantemente. A questo punto la sua ex squadra è fra le maggiori contendenti al titolo.

«Sì. Con Paulo ci siamo anche sentiti, siamo stati compagni di squadra a Parma. Credo di avergli lasciato un bel giocattolo. Ma tutto il livello medio del campionato è salito e ci sono almeno 5-6 squadre in grado di competere per il titolo. Cominciando dallo Shanghai Sipg allenato dal portoghese Vitor Pereira e che schiera un centravanti fortissimo come il brasiliano Hulk. Il Beijing Guoan del bravo tecnico tedesco Schmidt (ex Leverkusen, ndr ). Poi l’Hebei China Fortune, guidato dall’esperto cileno Manuel Pellegrini, che schiera due attaccanti velocissimi come Gervinho e Lavezzi e un centrocampista di classe come Hernanes. E con un tecnico come Fabio Capello, ovviamente lo Jiangsu Suning, che si è ripreso dopo una stagione negativa. Nel frattempo mister Fabio ha imparato a conoscere l’ambiente e non è tipo abituato a far da comparsa».

Nei precedenti suoi contratti cinesi aveva sempre inserito una clausola azzurra. Cioè la possibilità di rescindere il contratto in caso di chiamata dalla Nazionale. Ora non più: perché?

«Non puoi pensare di accettare un progetto quinquennale a cifre importanti e chiedere pure di poter andartene quando vuoi. E poi in Italia c’è bisogno di altro».

Cioè?

«Il c.t. secondo me è secondario. Mi spiego, la scelta non manca. Ma prendiamo per esempio il buon lavoro fatto da Antonio Conte nel biennio precedente. Alla fine la Federcalcio non è riuscita a creare quelle strutture che lui aveva chiesto e manca la sintonia con la Lega. Il rilancio del movimento passa per un profondo rinnovamento dirigenziale. Invece, con la figuraccia fatta nell’ultima assemblea elettiva federale, abbiamo perso un’altra grande occasione. Nessuno si è preso le proprie responsabilità. Mi pare che manchino i presupposti del rilancio. Poi sento parlare ancora di convocazione per i senatori e dico che non mi sembra la strada giusta. Sono legato più di ogni altro a Gigi Buffon o a Daniele De Rossi per quella irripetibile esperienza vissuta in Germania nel 2006. Ma sappiamo che certe scelte non hanno funzionato già nel Mondiale del 2010 in Sudafrica e l’esperienza dovrebbe insegnare qualcosa».