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Donadoni: “Italia, niente catastrofismi ma servirebbe un aiuto. Il difetto più grande…”

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L'intervista rilasciata ai microfoni di Repubblica dall'ex commissario tecnico della Nazionale Roberto Donadoni sull'Italia

Alessandro De Felice

Roberto Donadoni, ex commissario tecnico della Nazionale Italiana, ha parlato ai microfoni del quotidiano La Repubblica. L'ex calciatore ha analizzato il momento dell'Italia dopo il pari contro l'Irlanda del Nord a Belfast, con la qualificazione ai Mondiali in Qatar 2022 che passerà per i playoff.

La magnifica Italia si è persa?

"Non concepisco gli eccessi. Può darsi che all’Europeo la squadra abbia avuto qualche situazione un po’ favorevole, però ora non c’è da essere disfattisti. Nel calcio trovare equilibrio è sempre più complicato".

Ma l’Italia ha giocato male.

"Non è stata una delle sue migliori partite, però il risultato pesava e anche un 2-0 non sarebbe bastato, contro una squadra che non ha preso gol in casa nelle qualificazioni".

Il difetto più evidente?

"La poca cattiveria agonistica. So che cosa può passare per la testa in certi momenti. Escludo sia dipeso dalle motivazioni, semmai ho notato una condizione fisica inferiore al solito".

Gli spareggi sono un’incognita.

"Niente catastrofismi, la squadra è valida e si giocherà le sue carte con avversarie altrettanto desiderose di andare al Mondiale. Il Portogallo è nelle stesse condizioni e mi rifiuto di pensare che lo dobbiamo evitare: sarebbe già partire un po’ sconfitti, un segno di debolezza. Lo spirito di rivalsa ci deve fare pensare che possiamo battere chiunque".

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Giusto fare calciare il rigore a Jorginho?

"È una questione mentale: se ha voluto tirarlo significa che voleva scacciare un po’ i demoni del rigore sbagliato prima. Certo, calciarlo meglio forse avrebbe cambiato le cose, anche se non eravamo stati così superiori alla Svizzera. Ma è ancora tutto nelle nostre mani".

A marzo stanchezza e pressione aumenteranno.

"Non c’è una regola fissa, magari il vantaggio lo possono perdere i nostri avversari. A Belfast è sembrata una Nazionale stanca: ha sempre i concetti tattici dell’Europeo, ma con meno brio e foga agonistica le cose ti vengono meno bene".

Non manca l’inventiva?

"Qualcuno è stato meno capace del solito di creare la superiorità numerica. Il canovaccio conta, poi la differenza la fa l’interpretazione dei singoli: un sistema tattico ha valore quando esalta le qualità dei singoli".

Che non segnano più.

"Un po’ è vero, ma mi viene in mente Simeone, basta che tocchi la palla e va dentro, sono momenti. È facile criticare gli attaccanti, però ci devono essere anche gli inserimenti".

Immobile?

"Ha il gol nel sangue, fatico a pensare che una Scarpa d’oro non segni in Nazionale. Sono mancati 4 giocatori importanti: lui, Verratti, Chiellini e Spinazzola, che prova l’uno contro uno, affonda e salta l’uomo".

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Lei è stato ct dell’Italia dopo il Mondiale vinto nel 2006: vede la stessa pressione sugli azzurri?

"Rientra nella nostra cultura, bisogna essere bravi a reggerla: in Inghilterra e in Francia è diverso".

Un ct è un uomo solo, a parte quando vince?

"Se vinci, tutti te lo riconoscono, ma bisognerebbe concepire la Nazionale in un altro modo e non ricordarsene solo quando si vuole".

Mancini si fa scivolare tutto addosso?

"Mancini è stato non bravo, ma bravissimo. È un momento complicato: cercherà di risolverlo, ma una mano dall’esterno sarebbe opportuna".

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